Intervista di Roberto Mirasola a Matteo Meloni, giornalista freelance specializzato in ambito geopolitico, già addetto stampa al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Matteo, cosa ti ha spinto ad andare a Mosca per le elezioni Presidenziali?
Sicuramente un forte spirito critico di comprensione della realtà. O, per lo meno, una piccola parte della realtà che avrei carpito in questo breve viaggio, finalizzato all’analisi dello sviluppo di queste elezioni dall’esito che, evidentemente, era scontato. Sapevamo benissimo cosa sarebbe successo, ma non avremmo potuto conoscere in anticipo i numeri, né sapere quali sarebbero state le impressioni che avremmo avuto andando sul campo.
Tutte le diplomazie europee sconsigliano di andare in Russia, tu invece che clima hai trovato? Ti sei mai sentito in pericolo?
È necessario sottolineare che ho visto solo uno spaccato di Russia, un pezzo molto piccolo dello svolgimento delle elezioni nella capitale, quindi, non posso parlare in termini generali del Paese. Posso solo affermare che Mosca non dà l’idea di una nazione in guerra, la città svolge le proprie attività regolarmente: sfatiamo il mito dei negozi vuoti e privi di beni di prima necessità. Fa una certa impressione notare pochi riferimenti a quanto sta accadendo in Ucraina, mi aspettavo di trovare molta più propaganda anche a livello di cartellonistica.
Come si è vissuta la giornata dello spoglio delle elezioni Presidenziali?
Molta tranquillità, lo spoglio è stato svolto rapidamente, nell’arco di poche ore già si sapevano alcuni dei dati che poi abbiamo ricevuto. Come analisti, in termini oggettivi, prendiamo, questi dati per quello che sono, ovvero una stragrande maggioranza di voti e una grande affluenza al voto. Tuttavia, secondo Novaya Gazeta, sono avvenute falsificazioni importanti ma non tanto da ribaltare l’impressione che noi, in Occidente, fatichiamo ad accettare, ovvero che Putin ha davvero una larga maggioranza dei russi dalla sua parte. Per il quotidiano russo, infatti, i dati reali darebbero al Presidente il 57% dei consensi, un dato comunque significato a prescindere da come si sono svolte le elezioni.
Queste alte percentuali denotano una sempre maggiore autorevolezza da parte di Putin all’interno della Russia oppure tu credi esista all’interno di questo grande Paese un movimento che può sbocciare e far configurare anche scenari differenti?
Dubito che le percentuali ufficiali siano reali in questa entità. Ciò non di meno, dopo aver intervistato diverse persone fuori dai seggi, ho riscontrato plausibile che la maggioranza dei russi sia effettivamente dalla parte di Putin. Quello che è avvenuto con l’invasione in Ucraina e le conseguenti sanzioni subite ha portato le persone a stringersi sempre più verso la forte figura del Presidente anche perché, non essendo mai stata la Russia un Paese democratico, il sentimento di contrasto contro le autorità non è certamente largamente diffuso.
Possiamo pertanto affermare che la democrazia non si può improvvisare, che la Russia proprio per la sua storia non ha mai conosciuto la democrazia e che lo stesso discorso vale anche per l’Ucraina? Non è forse mera utopia l’idea di esportare la democrazia non solo con le armi ma anche imponendola dall’oggi per il domani?
Non solo è utopico, ma è sbagliato anche in termini pratici. L’abbiamo visto in tante occasioni, in primis l’illegalissima invasione statunitense dell’Iraq con George W. Bush. Secondo numerosi analisti ed esperti di diritto internazionale, ci sarebbero i presupposti per un’incarcerazione dell’ex Presidente Usa, così come avvenuto per numerosi altri capi di Stato africani o leader balcanici. Questo va detto perché altre realtà hanno subito la giurisdizione di tribunali internazionali con la conseguente condanna e incarcerazione dei loro Presidenti per crimini di guerra o contro l’umanità. Le nazioni africane, ad esempio, lamentano da tempo la disuguaglianza di trattamento: nessun leader occidentale è mai stato accusato o incriminato di nulla, e sul punto hanno pienamente ragione.
In Europa siamo abituati ad avere dei sospetti per le elezioni in Russia mentre non abbiamo niente da ridire su altrettante elezioni contestabili in altri Paesi, ad esempio l’Azerbaijan
Prendendo in considerazione le valutazioni di Freedom House, uno dei principali organi per l’analisi dei processi democratici nei vari Paesi, considerato che in Europa tendenzialmente tutti gli Stati dell’UE sono democratici, l’Azerbaijan ha 1/100 e stranamente risulta poi essere anche uno dei principali alleati di Bruxelles.
Azerbaijan che, non dimentichiamo, è in guerra con l’Armenia
Esattamente! L’Azerbaijan recentemente ha occupato del tutto la ragione chiamata Nagorno Karabakh dove storicamente è presente una comunità armena millenaria che è stata cacciata via. C’è da dire che da cittadini dell’Ue, da pacifisti che pensavamo di spingere per un dialogo tra i popoli con una valutazione coerente tra quello che dovevano essere i rapporti tra Bruxelles e gli altri Paesi, ci ritroviamo invece con governanti che praticano i famosi doppi standard. Se una nazione, in un dato momento storico, non ci va bene, a prescindere dal grado di democraticità, chiudiamo i rapporti; se invece ci fa comodo li estendiamo e il caso dell’Azerbaijan è eloquente in senso negativo. Charles Michel, ad esempio, così come il Ministro della Difesa Guido Crosetto, si è congratulato con il Presidente azero İlham Aliyev per la sua alquanto imbarazzante vittoria, altrettanto vergognosa in cifre bulgare. Ciò per la Russia non è invece accaduto.
Quando ci sono le elezioni Presidenziali in Russia si tende ad evidenziare la scarsa democraticità delle stesse, lo stesso Charles Michel dichiara che, “se vogliamo la pace dobbiamo preparare la guerra”; tu pensi sia possibile in un prossimo futuro trovarci la Russia ai confini con l’Ue?
Penso che gli scenari siano da tempo complicati, da entrambi i lati. Parlando del conflitto in Ucraina, non possiamo partire dall’invasione della Russia del 24 febbraio 2022 perché sarebbe come parlare della situazione israelo-palestinese limitandoci a raccontare ciò che è accaduto dal 7 ottobre 2023 in poi. E’ necessario un serio sforzo analitico della realtà e ricordarsi che in Ucraina esiste un territorio chiamato Donbass nel quale è presente una minoranza russofona che avrebbe dovuto ricevere le medesime tutele di qualsiasi altro cittadino ucraino. Ciò in realtà non è avvenuto: l’Ucraina, dimenticandosi del fatto che quella comunità era in realtà all’interno dei propri confini, nel corso degli anni ha messo in atto una guerriglia verso quei territori che, per gioco forza, dal canto suo, la Russia ha voluto in qualche modo difendere. È però chiaro che, una volta che si è occupato in quel modo il Donbass parlando di liberazione, andando oltre quel territorio qualcosa chiaramente stona.
Cosa poteva e cosa doveva fare l’Europa dagli accordi di Minsk al 2022 per evitare che si arrivasse escalation del febbraio 2022
C’è da dire che gli accordi di Minsk son sempre stati svolti sotto il cappello dell’OCSE, organizzazione senza personalità giuridica. Tutto ciò che può essere deciso all’interno di quell’organizzazione non è vincolante sino in fondo se non dal punto di vista politico. Gli accordi falliti di Minsk sono stati un cuscinetto per provare a trovare una soluzione fra le potenze che hanno partecipato alle trattative. Con l’uscita di scena della Cancelliera tedesca Angela Merkel, che aveva rapporti stretti e diretti con Putin e che in qualche modo tutelava gli interessi europei, le relazioni est-ovest sono del tutto collassate.
Forse è stata lungimirante perché come leader europea ha sempre tenuto aperto un dialogo con la Russia
Io credo che come democrazie dovremmo decidere cosa vogliamo fare da grandi, nel senso che se vogliamo essere sino in fondo responsabili e seguire la linea di avere relazioni solo nell’ambito democratico, ok, allora togliamo tutti i rapporti con l’Arabia Saudita, con il Qatar, con l’Egitto responsabile della morte di Giulio Regeni e della carcerazione di Patrick Zaki. Se vogliamo essere pragmatici e sviluppare quella Real Politik che Angela Merkel ha sempre portato avanti, ovvero l’idea che con gli accordi economici si potesse poi arrivare a una democrazia — cosa che poi è fallita su tutti i fronti — dobbiamo assumerci un altro tipo di responsabilità.
Sull’attentato a Mosca rivendicato dall’Isis, Putin sostiene che gli attentatori tagiki nello scappare si dirigevano verso l’Ucraina. A parer tuo è un puntar il dito verso l’Ucraina senza avere le prove oppure c’è qualcosa di vero?
Bisogna verificare tutte le ipotesi, ma è anche vero in Ucraina son da tempo presenti numerosi combattenti del mondo del jihad che combattono nelle file ucraine contro i russi, proprio perché nel Caucaso del Nord c’è una situazione complicata per il governo moscovita. Per questo è plausibile che in Ucraina vi siano soggetti che, pur di combattere la Russia, entrano nel territorio ucraino e combattono insieme all’esercito di Kiev. Un ulteriore motivo di preoccupazione l’ingresso dell’Ucraina nell’Ue: lo stesso Zelensky aveva promesso di consegnare la cittadinanza a tutti coloro i quali avessero combattuto tra le fila ucraine. Tra questi, dunque, anche i combattenti del jihad. Ciò significa che costoro avrebbero un domani la cittadinanza ucraina e, consequenzialmente, potrebbero andare in giro per l’Europa a commettere crimini. Al riguardo, bisognerebbe riconoscere che l’attentato a Mosca ci ricorda che la Russia sta combattendo il terrorismo islamico dalla nostra stessa parte. L’Ucraina nell’Ue abbasserebbe la democraticità all’interno della stessa Unione Europea, sia a causa dell’ elevatissimo tasso di corruzione — lontanissimo dall’essere debellato — sia perché Zelensky è responsabile, secondo diversi analisti, di omicidi politici.
Forse oggi Putin rappresenta una figura che riesce tutto sommato a tenere un equilibrio che noi diamo per scontato ma che così non è
Attualmente Putin sta gestendo una fase delicata con tanti potentati che fanno pressioni tra chi è favorevole all’utilizzo del nucleare, chi vuole un determinato intervento e chi, invece, vuole scendere a compromessi. Non dimentichiamoci che i russi sono terrorizzati dall’idea di ritornare al recente passato della Federazione, per intenderci quello post URSS, con alti tassi di criminalità e l’ingresso di diversi gruppi economici stranieri che hanno giovato in quella fase di caos e tratto vantaggio, mentre oggi tutto sommato si sentono maggiormente tutelati
Cosa ne pensi dei toni che in Europa si stanno alzando? Macron è passato dal chiedere di non umiliare Putin a prospettare in un prossimo futuro un invio di truppe e cosa pensi delle già citate dichiarazioni di Michel?
Non bisognerebbe mai dimenticare che la Russia è una potenza nucleare con la quale dovremmo interfacciarci riconoscendole un ruolo che oggi non riconosciamo più. Importante tenere presente che la Russia non è soltanto Mosca ma un Paese complesso con confini che vanno dall’Ue alla Corea del Nord, passando per la Cina, con etnie e religioni diverse, sarebbe pertanto opportuno caldeggiare una Russia unita anziché uno scioglimento di questa realtà. Ci immaginiamo con quali difficoltà si dovrebbe gestire una separazione dei territori russi, con tante nazioni ognuna con i propri capi di Stato, di Governo, ministri degli esteri e con propri eserciti, magari con tanto di testate nucleari? Le dichiarazioni rilasciate da numerosi leader europei fanno pensare che più che essere governanti siano degli attori pagati che non rispondono più ai principi democratici. Ho come l’impressione che all’indomani della pandemia Covid 19 sia avvenuto uno stravolgimento economico così tanto importante da avere la necessità di guadagnare il terreno perduto con la più semplice delle economie: quella di guerra. La Nato si sta avvicinando come non lo era dai tempi della guerra fredda ad una guerra totale con la Russia e questo non per volontà dell’apparato militare dell’organizzazione ma per desiderio della politica che la gestisce. Non dimentichiamoci che chi governa la Nato ed ha l’ultima parola è la parte politica. Tanto è vero che il Segretario Generale della Nato, Jens Stoltenberg, è un politico ed economista: possiamo definirlo il peggior Segretario della storia della Nato visto che ha portato l’alleanza sull’orlo di una guerra totale
Ma, secondo te, se a Putin venisse riconosciuto il Donbass lui si fermerebbe?
Non ho la sfera di cristallo e non mi permetterei mai di offrire certezze in tal senso. Tuttavia, secondo il mio personale pensiero, se a Putin venisse riconosciuto il Donbass si ritirerebbe. La parte di territorio ucraino invaso oltre la regione filorussa sarà leva di scambio nel momento in cui si arriverà alla definitiva trattativa, cioè quando ci sarà quel necessario punto di caduta al quale saremmo già dovuti arrivare da tempo.
Una finestra sulla Russia. Racconto di un viaggio a Mosca per seguire la rielezione di Putin (intervista di Roberto Mirasola a Matteo Meloni)
Intervista di Roberto Mirasola a Matteo Meloni, giornalista freelance specializzato in ambito geopolitico, già addetto stampa al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Matteo, cosa ti ha spinto ad andare a Mosca per le elezioni Presidenziali?
Sicuramente un forte spirito critico di comprensione della realtà. O, per lo meno, una piccola parte della realtà che avrei carpito in questo breve viaggio, finalizzato all’analisi dello sviluppo di queste elezioni dall’esito che, evidentemente, era scontato. Sapevamo benissimo cosa sarebbe successo, ma non avremmo potuto conoscere in anticipo i numeri, né sapere quali sarebbero state le impressioni che avremmo avuto andando sul campo.
Tutte le diplomazie europee sconsigliano di andare in Russia, tu invece che clima hai trovato? Ti sei mai sentito in pericolo?
È necessario sottolineare che ho visto solo uno spaccato di Russia, un pezzo molto piccolo dello svolgimento delle elezioni nella capitale, quindi, non posso parlare in termini generali del Paese. Posso solo affermare che Mosca non dà l’idea di una nazione in guerra, la città svolge le proprie attività regolarmente: sfatiamo il mito dei negozi vuoti e privi di beni di prima necessità. Fa una certa impressione notare pochi riferimenti a quanto sta accadendo in Ucraina, mi aspettavo di trovare molta più propaganda anche a livello di cartellonistica.
Come si è vissuta la giornata dello spoglio delle elezioni Presidenziali?
Molta tranquillità, lo spoglio è stato svolto rapidamente, nell’arco di poche ore già si sapevano alcuni dei dati che poi abbiamo ricevuto. Come analisti, in termini oggettivi, prendiamo, questi dati per quello che sono, ovvero una stragrande maggioranza di voti e una grande affluenza al voto. Tuttavia, secondo Novaya Gazeta, sono avvenute falsificazioni importanti ma non tanto da ribaltare l’impressione che noi, in Occidente, fatichiamo ad accettare, ovvero che Putin ha davvero una larga maggioranza dei russi dalla sua parte. Per il quotidiano russo, infatti, i dati reali darebbero al Presidente il 57% dei consensi, un dato comunque significato a prescindere da come si sono svolte le elezioni.
Queste alte percentuali denotano una sempre maggiore autorevolezza da parte di Putin all’interno della Russia oppure tu credi esista all’interno di questo grande Paese un movimento che può sbocciare e far configurare anche scenari differenti?
Dubito che le percentuali ufficiali siano reali in questa entità. Ciò non di meno, dopo aver intervistato diverse persone fuori dai seggi, ho riscontrato plausibile che la maggioranza dei russi sia effettivamente dalla parte di Putin. Quello che è avvenuto con l’invasione in Ucraina e le conseguenti sanzioni subite ha portato le persone a stringersi sempre più verso la forte figura del Presidente anche perché, non essendo mai stata la Russia un Paese democratico, il sentimento di contrasto contro le autorità non è certamente largamente diffuso.
Possiamo pertanto affermare che la democrazia non si può improvvisare, che la Russia proprio per la sua storia non ha mai conosciuto la democrazia e che lo stesso discorso vale anche per l’Ucraina? Non è forse mera utopia l’idea di esportare la democrazia non solo con le armi ma anche imponendola dall’oggi per il domani?
Non solo è utopico, ma è sbagliato anche in termini pratici. L’abbiamo visto in tante occasioni, in primis l’illegalissima invasione statunitense dell’Iraq con George W. Bush. Secondo numerosi analisti ed esperti di diritto internazionale, ci sarebbero i presupposti per un’incarcerazione dell’ex Presidente Usa, così come avvenuto per numerosi altri capi di Stato africani o leader balcanici. Questo va detto perché altre realtà hanno subito la giurisdizione di tribunali internazionali con la conseguente condanna e incarcerazione dei loro Presidenti per crimini di guerra o contro l’umanità. Le nazioni africane, ad esempio, lamentano da tempo la disuguaglianza di trattamento: nessun leader occidentale è mai stato accusato o incriminato di nulla, e sul punto hanno pienamente ragione.
In Europa siamo abituati ad avere dei sospetti per le elezioni in Russia mentre non abbiamo niente da ridire su altrettante elezioni contestabili in altri Paesi, ad esempio l’Azerbaijan
Prendendo in considerazione le valutazioni di Freedom House, uno dei principali organi per l’analisi dei processi democratici nei vari Paesi, considerato che in Europa tendenzialmente tutti gli Stati dell’UE sono democratici, l’Azerbaijan ha 1/100 e stranamente risulta poi essere anche uno dei principali alleati di Bruxelles.
Azerbaijan che, non dimentichiamo, è in guerra con l’Armenia
Esattamente! L’Azerbaijan recentemente ha occupato del tutto la ragione chiamata Nagorno Karabakh dove storicamente è presente una comunità armena millenaria che è stata cacciata via. C’è da dire che da cittadini dell’Ue, da pacifisti che pensavamo di spingere per un dialogo tra i popoli con una valutazione coerente tra quello che dovevano essere i rapporti tra Bruxelles e gli altri Paesi, ci ritroviamo invece con governanti che praticano i famosi doppi standard. Se una nazione, in un dato momento storico, non ci va bene, a prescindere dal grado di democraticità, chiudiamo i rapporti; se invece ci fa comodo li estendiamo e il caso dell’Azerbaijan è eloquente in senso negativo. Charles Michel, ad esempio, così come il Ministro della Difesa Guido Crosetto, si è congratulato con il Presidente azero İlham Aliyev per la sua alquanto imbarazzante vittoria, altrettanto vergognosa in cifre bulgare. Ciò per la Russia non è invece accaduto.
Quando ci sono le elezioni Presidenziali in Russia si tende ad evidenziare la scarsa democraticità delle stesse, lo stesso Charles Michel dichiara che, “se vogliamo la pace dobbiamo preparare la guerra”; tu pensi sia possibile in un prossimo futuro trovarci la Russia ai confini con l’Ue?
Penso che gli scenari siano da tempo complicati, da entrambi i lati. Parlando del conflitto in Ucraina, non possiamo partire dall’invasione della Russia del 24 febbraio 2022 perché sarebbe come parlare della situazione israelo-palestinese limitandoci a raccontare ciò che è accaduto dal 7 ottobre 2023 in poi. E’ necessario un serio sforzo analitico della realtà e ricordarsi che in Ucraina esiste un territorio chiamato Donbass nel quale è presente una minoranza russofona che avrebbe dovuto ricevere le medesime tutele di qualsiasi altro cittadino ucraino. Ciò in realtà non è avvenuto: l’Ucraina, dimenticandosi del fatto che quella comunità era in realtà all’interno dei propri confini, nel corso degli anni ha messo in atto una guerriglia verso quei territori che, per gioco forza, dal canto suo, la Russia ha voluto in qualche modo difendere. È però chiaro che, una volta che si è occupato in quel modo il Donbass parlando di liberazione, andando oltre quel territorio qualcosa chiaramente stona.
Cosa poteva e cosa doveva fare l’Europa dagli accordi di Minsk al 2022 per evitare che si arrivasse escalation del febbraio 2022
C’è da dire che gli accordi di Minsk son sempre stati svolti sotto il cappello dell’OCSE, organizzazione senza personalità giuridica. Tutto ciò che può essere deciso all’interno di quell’organizzazione non è vincolante sino in fondo se non dal punto di vista politico. Gli accordi falliti di Minsk sono stati un cuscinetto per provare a trovare una soluzione fra le potenze che hanno partecipato alle trattative. Con l’uscita di scena della Cancelliera tedesca Angela Merkel, che aveva rapporti stretti e diretti con Putin e che in qualche modo tutelava gli interessi europei, le relazioni est-ovest sono del tutto collassate.
Forse è stata lungimirante perché come leader europea ha sempre tenuto aperto un dialogo con la Russia
Io credo che come democrazie dovremmo decidere cosa vogliamo fare da grandi, nel senso che se vogliamo essere sino in fondo responsabili e seguire la linea di avere relazioni solo nell’ambito democratico, ok, allora togliamo tutti i rapporti con l’Arabia Saudita, con il Qatar, con l’Egitto responsabile della morte di Giulio Regeni e della carcerazione di Patrick Zaki. Se vogliamo essere pragmatici e sviluppare quella Real Politik che Angela Merkel ha sempre portato avanti, ovvero l’idea che con gli accordi economici si potesse poi arrivare a una democrazia — cosa che poi è fallita su tutti i fronti — dobbiamo assumerci un altro tipo di responsabilità.
Sull’attentato a Mosca rivendicato dall’Isis, Putin sostiene che gli attentatori tagiki nello scappare si dirigevano verso l’Ucraina. A parer tuo è un puntar il dito verso l’Ucraina senza avere le prove oppure c’è qualcosa di vero?
Bisogna verificare tutte le ipotesi, ma è anche vero in Ucraina son da tempo presenti numerosi combattenti del mondo del jihad che combattono nelle file ucraine contro i russi, proprio perché nel Caucaso del Nord c’è una situazione complicata per il governo moscovita. Per questo è plausibile che in Ucraina vi siano soggetti che, pur di combattere la Russia, entrano nel territorio ucraino e combattono insieme all’esercito di Kiev. Un ulteriore motivo di preoccupazione l’ingresso dell’Ucraina nell’Ue: lo stesso Zelensky aveva promesso di consegnare la cittadinanza a tutti coloro i quali avessero combattuto tra le fila ucraine. Tra questi, dunque, anche i combattenti del jihad. Ciò significa che costoro avrebbero un domani la cittadinanza ucraina e, consequenzialmente, potrebbero andare in giro per l’Europa a commettere crimini. Al riguardo, bisognerebbe riconoscere che l’attentato a Mosca ci ricorda che la Russia sta combattendo il terrorismo islamico dalla nostra stessa parte. L’Ucraina nell’Ue abbasserebbe la democraticità all’interno della stessa Unione Europea, sia a causa dell’ elevatissimo tasso di corruzione — lontanissimo dall’essere debellato — sia perché Zelensky è responsabile, secondo diversi analisti, di omicidi politici.
Forse oggi Putin rappresenta una figura che riesce tutto sommato a tenere un equilibrio che noi diamo per scontato ma che così non è
Attualmente Putin sta gestendo una fase delicata con tanti potentati che fanno pressioni tra chi è favorevole all’utilizzo del nucleare, chi vuole un determinato intervento e chi, invece, vuole scendere a compromessi. Non dimentichiamoci che i russi sono terrorizzati dall’idea di ritornare al recente passato della Federazione, per intenderci quello post URSS, con alti tassi di criminalità e l’ingresso di diversi gruppi economici stranieri che hanno giovato in quella fase di caos e tratto vantaggio, mentre oggi tutto sommato si sentono maggiormente tutelati
Cosa ne pensi dei toni che in Europa si stanno alzando? Macron è passato dal chiedere di non umiliare Putin a prospettare in un prossimo futuro un invio di truppe e cosa pensi delle già citate dichiarazioni di Michel?
Non bisognerebbe mai dimenticare che la Russia è una potenza nucleare con la quale dovremmo interfacciarci riconoscendole un ruolo che oggi non riconosciamo più. Importante tenere presente che la Russia non è soltanto Mosca ma un Paese complesso con confini che vanno dall’Ue alla Corea del Nord, passando per la Cina, con etnie e religioni diverse, sarebbe pertanto opportuno caldeggiare una Russia unita anziché uno scioglimento di questa realtà. Ci immaginiamo con quali difficoltà si dovrebbe gestire una separazione dei territori russi, con tante nazioni ognuna con i propri capi di Stato, di Governo, ministri degli esteri e con propri eserciti, magari con tanto di testate nucleari? Le dichiarazioni rilasciate da numerosi leader europei fanno pensare che più che essere governanti siano degli attori pagati che non rispondono più ai principi democratici. Ho come l’impressione che all’indomani della pandemia Covid 19 sia avvenuto uno stravolgimento economico così tanto importante da avere la necessità di guadagnare il terreno perduto con la più semplice delle economie: quella di guerra. La Nato si sta avvicinando come non lo era dai tempi della guerra fredda ad una guerra totale con la Russia e questo non per volontà dell’apparato militare dell’organizzazione ma per desiderio della politica che la gestisce. Non dimentichiamoci che chi governa la Nato ed ha l’ultima parola è la parte politica. Tanto è vero che il Segretario Generale della Nato, Jens Stoltenberg, è un politico ed economista: possiamo definirlo il peggior Segretario della storia della Nato visto che ha portato l’alleanza sull’orlo di una guerra totale
Ma, secondo te, se a Putin venisse riconosciuto il Donbass lui si fermerebbe?
Non ho la sfera di cristallo e non mi permetterei mai di offrire certezze in tal senso. Tuttavia, secondo il mio personale pensiero, se a Putin venisse riconosciuto il Donbass si ritirerebbe. La parte di territorio ucraino invaso oltre la regione filorussa sarà leva di scambio nel momento in cui si arriverà alla definitiva trattativa, cioè quando ci sarà quel necessario punto di caduta al quale saremmo già dovuti arrivare da tempo.
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Redazione Scuola