E’ ancora presto per poter fare una valutazione seria e credibile dei danni, di tipo sociale ed economico, causati dalla pandemia.
Ritengo però utile fare qualche riflessione, soprattutto dopo alcuni interventi su questo blog, riferiti all’argomento corona virus e dintorni.
Vi confesso che sono arrabbiato: dopo circa trent’anni di militanza attiva sul fronte europeista, alcune mie convinzioni sulla Europa unita iniziano a vacillare. Seppure richiamati molto spesso nei trattati e negli accordi internazionali, sembrano venir meno nei fatti proprio quei principi di solidarietà e cooperazione tanto osannati. Questi principi sono stati disattesi nella pratica quotidiana, creando cosi una vuoto istituzionale che difficilmente riusciremo a colmare, pur animati da uno spirito di cooperazione solidaristica. Richiamo, a tal fine, il balletto e i dinieghi dei vari stati membri nel momento in cui l’Italia ha invocato la fornitura di materiale sanitario. Tralascio, per carità di patria, anche qualche acido commento per coloro che hanno “bloccato” o si sono “appropriati” delle forniture destinate al nostro paese, provenienti, tra l’altro, da fornitori extraeuropei. Tutto ciò non può essere attenuato dall’ospitalità espressa dalla carità pelosa della Germania che ha accolto, da qualche giorno, alcuni pazienti in terapia intensiva. Devo ammetterlo: un fallimento rispetto agli obiettivi prefissati sotto il profilo della solidarietà. Pensate soprattutto alle parole “welfare” e “cooperazione” da me e da altri colleghi richiamate e praticate, insieme ad altri funzionari dei paesi dell’Unione, nell’attuazione di centinaia di progetti transnazionali. Il fatto stesso che ancora oggi siamo sprovvisti di reagenti e mascherine, quello che abbiamo proviene o dall’autoproduzione o da forniture cospicue provenienti da paesi extraeuropei, suggerisce una riflessione più attenta sugli accordi da prendere all’interno dell’Eurogruppo.
Anche sul versante della politica economica questa Europa non sta certo meglio.
Christine Lagarde, presidente della BCE, analizzando la situazione italiana ha detto una settimana fa: “non siamo qui per chiudere gli spread, ci sono altri strumenti e altri attori per questi problemi”, dando subito una pessima dimostrazione delle sue capacità tecnico-politiche facendo crollare le borse e impennare il differenziale tra BTP e Bund. Tutto ciò è costato agli italiani circa 2 miliardi di Euro, proprio quando aspettavamo la solidarietà europea. Parafrasando l’intervento di un giornalista si potrebbe dire “come trasformare un dramma sanitario in una crisi finanziaria”. Non sarà certo il ripensamento successivo sull’intervento da 750 miliardi di lire promesso dalla Banca Centrale Europea, sollecitato peraltro dalle difficoltà degli a altri paesi, a farmi cambiare idea.
Ci eravamo illusi quando Ursula Von der Leyen, Presidente della Commissione Europea, aveva sostenuto, in un perfetto italiano/tedesco, che l’Europa era al fianco degli italiani martoriati dalla epidemia del corona virus e che la UE avrebbe sostenuto l’Italia. Trascorsa una settimana rileviamo che sono arrivate, sempre dalla stessa fonte, delle dichiarazioni inappropriate a sfavore del nostro paese che aveva invocato un corposo sostegno finanziario da parte della Unione con l’emissione di corona bond attraverso il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità). La Von der Leyen, schierandosi subito con i paesi “rigoristi” (Germania, Olanda Austria e Finlandia) ha affermato: Bruxelles non ha nei suoi radar l’emissione di “obbligazioni comunitarie” per sostenere i Paesi d’Europa alle prese con l’emergenza ”coronavirus”. Salvo poi, in serata, emettere una nota in cui la sua analisi e il suo diniego sono stati “giustificati” dalla questione delle garanzie sul debito, e da “chiari confini giuridici” dei trattati europei che impediscono tali politiche. La risposta dei Paesi “espansivi” (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Slovenia, Grecia, Irlanda, Belgio e Lussemburgo), che avevano peraltro chiesto l’emissione dei mitici “euro bond“ non si è fatta attendere, scatenando cosi uno scontro, senza precedenti, all’interno dell’Eurogruppo costituito dai 27 paesi dell’Unione.
Sull’argomento è intervenuto anche il capo dello Stato Sergio Mattarella, che venerdì nel suo discorso alla nazione ha sottolineato l’inadeguatezza di “vecchi schemi ormai fuori dalla realtà” e la necessità di urgenti “azioni concrete del Consiglio Ue”. A breve, pertanto, verranno fuori prepotentemente le posizioni dei due schieramenti.
Occorre però premettere che tutti i Paesi dell’Unione:
– ricorreranno, chi più chi meno, agli strumenti e alle agevolazioni proposte dalla BCE (Banca Centrale Europea) e dal MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) più conosciuto come Fondo salva Stati;
– hanno bisogno di impiegare risorse e, quindi, di indebitarsi sia per l’emergenza, sia per la ricostruzione nel prossimo futuro;
– possono usufruire di condizioni di finanziamento agevolato garantite dall’insieme dei Paesi;
– risultano garanti pro-quota dei debiti di ciascuno qualora uno o
più Paesi non restituiscano le rate dei mutui contratti;
– sono ormai convinti che occorre pensare, vista la straordinarietà degli eventi derivanti dalla pandemia, al varo di nuovi strumenti finanziari;
L’emergenza, quindi, metterà tutti di fronte a una situazione senza precedenti per cui l’Eurogruppo dovrà trovare una soluzione tale da consentire l’esistenza stessa dell’Unione Europea.
Voglio a tal fine richiamare alcune novità che influiranno in modo consistente sia sul dibattito attuale, sia sulle scelte che saranno fatte sulla ricostruzione economica post pandemia. Una di queste, alquanto strana, riguarda proprio la Germania che in questi giorni sembra propendere per una rivoluzione copernicana in ambito finanziario: in un sol colpo è stato superato prima il pareggio di bilancio vero mantra della politica fiscale tedesca, poi forse ancora quello più importante del vincolo costituzionale che impediva ai tedeschi di produrre annualmente “nuovo debito” oltre lo 0,35 del PIL. Ma ciò che più impressiona è il plafond di 800 miliardi di euro stanziato per contrastare gli effetti economici prodotti dal Corona virus. A ciò deve aggiungersi il si, seppure a denti stretti, della Merkel alla sospensione del Patto di stabilità europeo.
Si aprono, quindi, nuovi scenari ma anche nuovi contrasti: buona parte dei paesi “rigoristi” del nord Europa sostiene, infatti, che esiste il pericolo che buona parte delle risorse che verranno messe a disposizione potrebbero essere utilizzate per sanare i debiti pregressi di quei paesi fortemente indebitati.
Sono convinto di una cosa: sarà difficile trovare un accordo dignitoso che rispetti le giuste aspettative soprattutto di quei paesi travolti e martoriati dalla pandemia. Con questi chiari di luna, se non si trovano soluzioni innovative per gestire gli strumenti finanziari a disposizione (BCE, MES, BEI), l’Europa rischia di soccombere lasciando spazio ai finanziatori internazionali che ci daranno si vagonate di euro ma a tassi da usura.
Credo, invece, che la soluzione esista e sia ad un passo da noi. Le diplomazie economiche sono al lavoro da giorni per evitare una rottura dei rapporti che rischia, come ho già detto, di compromettere la stessa esistenza dell’Unione.
La mia modesta proposta, esposta qui di seguito, prevede di utilizzare gli strumenti tradizionali a disposizione nel modo seguente:
- Riutilizzo mediante semplice accordo Italia – Commissione Europea delle risorse non spese nella Programmazione 2014-2020. Le sole risorse “comunitarie” da riprogrammare attualmente disponibili (stima prudenziale) ammontano a circa 100 miliardi di euro.
- Acquisto di titoli italiani da parte della Banca Centrale Europea. Tale anticipazione potrebbe generare circa 210 miliardi di euro.
- Ricorso, in forma ridotta, al Meccanismo Europeo di Stabilità con una richiesta di emissione di titoli denominati CORONA BOND per un ammontare di 100 miliardi di euro finalizzati e condizionati al solo Progetto corona virus.
- Emissione di BTP, con scadenza trentennale e con un rendimento, da destinare prevalentemente ai risparmiatori italiani e in subordine agli investitori esteri. Raccolta stimata:100 miliardi di euro.
- Richiesta alla Commissione Europea di un consistente sostegno alla disoccupazione creata dalla pandemia (Fondo Gentiloni). Tale richiesta ammonta a circa 20 miliardi di euro.
- Oltre alle attività consolidate la BEI (Banca Europea degli Investimenti) potrà aumentare di 240 miliardi la sua capacità di finanziare progetti per la ripresa. Da tale fonte potrebbero arrivare altri 20 miliardi.
- L’Italia potrebbe, inoltre, avanzare una specifica richiesta ritoccando il regime degli aiuti di Stato, per destinare alle imprese circa il 30 per cento delle risorse previste dai Programmi, finanziati dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, Fondo Sociale Europeo, Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale.
Come potete notare questo quadro consente al nostro Paese di frazionare i rischi soprattutto sul fronte indebitamento.
Per concludere posso solo aggiungere che i tedeschi, gli olandesi e gli austriaci le risorse andranno a pescarle sul mercato libero. Non nutro, quindi, grandi speranze sul risultato. Sono comunque sicuro che approderemo ad un risultato se non altro intermedio che ci consente, però, un minimo di ripresa.
Come italiani, seppure con qualche difficoltà, abbiamo dimostrato di esserci, ci sono anche i cittadini di altri paesi europei che come noi combattono con questo nemico invisibile.
Manca, invece, una classe politica illuminata come lo erano i nostri padri costituenti a Ventotene, che pensavano già allora ad una Europa più unita e solidale.
Coronavirus. “Da europeista sono arrabbiato con l’Europa”
Franco Ventroni – Scuola di Cultura Politica “Francesco Cocco” (contributo pubblicato su DemocraziaOggi)
E’ ancora presto per poter fare una valutazione seria e credibile dei danni, di tipo sociale ed economico, causati dalla pandemia.
Ritengo però utile fare qualche riflessione, soprattutto dopo alcuni interventi su questo blog, riferiti all’argomento corona virus e dintorni.
Vi confesso che sono arrabbiato: dopo circa trent’anni di militanza attiva sul fronte europeista, alcune mie convinzioni sulla Europa unita iniziano a vacillare. Seppure richiamati molto spesso nei trattati e negli accordi internazionali, sembrano venir meno nei fatti proprio quei principi di solidarietà e cooperazione tanto osannati. Questi principi sono stati disattesi nella pratica quotidiana, creando cosi una vuoto istituzionale che difficilmente riusciremo a colmare, pur animati da uno spirito di cooperazione solidaristica. Richiamo, a tal fine, il balletto e i dinieghi dei vari stati membri nel momento in cui l’Italia ha invocato la fornitura di materiale sanitario. Tralascio, per carità di patria, anche qualche acido commento per coloro che hanno “bloccato” o si sono “appropriati” delle forniture destinate al nostro paese, provenienti, tra l’altro, da fornitori extraeuropei. Tutto ciò non può essere attenuato dall’ospitalità espressa dalla carità pelosa della Germania che ha accolto, da qualche giorno, alcuni pazienti in terapia intensiva. Devo ammetterlo: un fallimento rispetto agli obiettivi prefissati sotto il profilo della solidarietà. Pensate soprattutto alle parole “welfare” e “cooperazione” da me e da altri colleghi richiamate e praticate, insieme ad altri funzionari dei paesi dell’Unione, nell’attuazione di centinaia di progetti transnazionali. Il fatto stesso che ancora oggi siamo sprovvisti di reagenti e mascherine, quello che abbiamo proviene o dall’autoproduzione o da forniture cospicue provenienti da paesi extraeuropei, suggerisce una riflessione più attenta sugli accordi da prendere all’interno dell’Eurogruppo.
Anche sul versante della politica economica questa Europa non sta certo meglio.
Christine Lagarde, presidente della BCE, analizzando la situazione italiana ha detto una settimana fa: “non siamo qui per chiudere gli spread, ci sono altri strumenti e altri attori per questi problemi”, dando subito una pessima dimostrazione delle sue capacità tecnico-politiche facendo crollare le borse e impennare il differenziale tra BTP e Bund. Tutto ciò è costato agli italiani circa 2 miliardi di Euro, proprio quando aspettavamo la solidarietà europea. Parafrasando l’intervento di un giornalista si potrebbe dire “come trasformare un dramma sanitario in una crisi finanziaria”. Non sarà certo il ripensamento successivo sull’intervento da 750 miliardi di lire promesso dalla Banca Centrale Europea, sollecitato peraltro dalle difficoltà degli a altri paesi, a farmi cambiare idea.
Ci eravamo illusi quando Ursula Von der Leyen, Presidente della Commissione Europea, aveva sostenuto, in un perfetto italiano/tedesco, che l’Europa era al fianco degli italiani martoriati dalla epidemia del corona virus e che la UE avrebbe sostenuto l’Italia. Trascorsa una settimana rileviamo che sono arrivate, sempre dalla stessa fonte, delle dichiarazioni inappropriate a sfavore del nostro paese che aveva invocato un corposo sostegno finanziario da parte della Unione con l’emissione di corona bond attraverso il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità). La Von der Leyen, schierandosi subito con i paesi “rigoristi” (Germania, Olanda Austria e Finlandia) ha affermato: Bruxelles non ha nei suoi radar l’emissione di “obbligazioni comunitarie” per sostenere i Paesi d’Europa alle prese con l’emergenza ”coronavirus”. Salvo poi, in serata, emettere una nota in cui la sua analisi e il suo diniego sono stati “giustificati” dalla questione delle garanzie sul debito, e da “chiari confini giuridici” dei trattati europei che impediscono tali politiche. La risposta dei Paesi “espansivi” (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Slovenia, Grecia, Irlanda, Belgio e Lussemburgo), che avevano peraltro chiesto l’emissione dei mitici “euro bond“ non si è fatta attendere, scatenando cosi uno scontro, senza precedenti, all’interno dell’Eurogruppo costituito dai 27 paesi dell’Unione.
Sull’argomento è intervenuto anche il capo dello Stato Sergio Mattarella, che venerdì nel suo discorso alla nazione ha sottolineato l’inadeguatezza di “vecchi schemi ormai fuori dalla realtà” e la necessità di urgenti “azioni concrete del Consiglio Ue”. A breve, pertanto, verranno fuori prepotentemente le posizioni dei due schieramenti.
Occorre però premettere che tutti i Paesi dell’Unione:
– ricorreranno, chi più chi meno, agli strumenti e alle agevolazioni proposte dalla BCE (Banca Centrale Europea) e dal MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) più conosciuto come Fondo salva Stati;
– hanno bisogno di impiegare risorse e, quindi, di indebitarsi sia per l’emergenza, sia per la ricostruzione nel prossimo futuro;
– possono usufruire di condizioni di finanziamento agevolato garantite dall’insieme dei Paesi;
– risultano garanti pro-quota dei debiti di ciascuno qualora uno o
più Paesi non restituiscano le rate dei mutui contratti;
– sono ormai convinti che occorre pensare, vista la straordinarietà degli eventi derivanti dalla pandemia, al varo di nuovi strumenti finanziari;
L’emergenza, quindi, metterà tutti di fronte a una situazione senza precedenti per cui l’Eurogruppo dovrà trovare una soluzione tale da consentire l’esistenza stessa dell’Unione Europea.
Voglio a tal fine richiamare alcune novità che influiranno in modo consistente sia sul dibattito attuale, sia sulle scelte che saranno fatte sulla ricostruzione economica post pandemia. Una di queste, alquanto strana, riguarda proprio la Germania che in questi giorni sembra propendere per una rivoluzione copernicana in ambito finanziario: in un sol colpo è stato superato prima il pareggio di bilancio vero mantra della politica fiscale tedesca, poi forse ancora quello più importante del vincolo costituzionale che impediva ai tedeschi di produrre annualmente “nuovo debito” oltre lo 0,35 del PIL. Ma ciò che più impressiona è il plafond di 800 miliardi di euro stanziato per contrastare gli effetti economici prodotti dal Corona virus. A ciò deve aggiungersi il si, seppure a denti stretti, della Merkel alla sospensione del Patto di stabilità europeo.
Si aprono, quindi, nuovi scenari ma anche nuovi contrasti: buona parte dei paesi “rigoristi” del nord Europa sostiene, infatti, che esiste il pericolo che buona parte delle risorse che verranno messe a disposizione potrebbero essere utilizzate per sanare i debiti pregressi di quei paesi fortemente indebitati.
Sono convinto di una cosa: sarà difficile trovare un accordo dignitoso che rispetti le giuste aspettative soprattutto di quei paesi travolti e martoriati dalla pandemia. Con questi chiari di luna, se non si trovano soluzioni innovative per gestire gli strumenti finanziari a disposizione (BCE, MES, BEI), l’Europa rischia di soccombere lasciando spazio ai finanziatori internazionali che ci daranno si vagonate di euro ma a tassi da usura.
Credo, invece, che la soluzione esista e sia ad un passo da noi. Le diplomazie economiche sono al lavoro da giorni per evitare una rottura dei rapporti che rischia, come ho già detto, di compromettere la stessa esistenza dell’Unione.
La mia modesta proposta, esposta qui di seguito, prevede di utilizzare gli strumenti tradizionali a disposizione nel modo seguente:
Come potete notare questo quadro consente al nostro Paese di frazionare i rischi soprattutto sul fronte indebitamento.
Per concludere posso solo aggiungere che i tedeschi, gli olandesi e gli austriaci le risorse andranno a pescarle sul mercato libero. Non nutro, quindi, grandi speranze sul risultato. Sono comunque sicuro che approderemo ad un risultato se non altro intermedio che ci consente, però, un minimo di ripresa.
Come italiani, seppure con qualche difficoltà, abbiamo dimostrato di esserci, ci sono anche i cittadini di altri paesi europei che come noi combattono con questo nemico invisibile.
Manca, invece, una classe politica illuminata come lo erano i nostri padri costituenti a Ventotene, che pensavano già allora ad una Europa più unita e solidale.
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Gianfranco Meleddu