Fernando Codonesu
In questo periodo pieno di tante ombre, a tratti spaventose e lugubri, una cosa mi pare veramente semplice e chiara: le sanzioni dell’Occidente contro la Russia sono un bluff per imbrogliare le opinioni pubbliche.
Vediamo perché.
Prima del 24 febbraio 2022 per comprare un dollaro si spendevano 76 rubli, un valore più o meno equivalente, con piccole normali oscillazioni nel suo intorno, che si era osservato in tutto il 2021.
In soldoni, un andamento tipico della funzione di cambio rublo/dollaro, osservabile su tale periodo temporale per tutte le valute principali del mondo.
Nei primi giorni di marzo dopo le roboanti decisioni sulle sanzioni dell’Occidente, guidate dall’imperativo categorico di Biden a cui si sono subito allineati l’UE, con alcuni dei suoi stati più significativi come la Germania e l’Italia, ancorché con l’esclusione dello spinoso tema dell’energia, la GB, il Canada e quindi l’Australia, per comprare un dollaro si spendevano 160 rubli: un dato da default tecnico.
Dopo appena 15 giorni, a partire dal 22 marzo, il rublo è ritornato al valore preinvasione dell’Ucraina e oggi viaggia a 79 rubli contro un dollaro.
Un valore normale, in linea con il valore delle rispettive monete di riferimento dal momento che i cambi delle valute continuano ad essere liberi da alcuni decenni e non più legati alle riserve auree.
Dove voglio andare a parare?
Semplice: le sanzioni sono un bluff rispetto agli effetti sbandierati.
Intanto non toccano i grandi “magnati russi” ai quali vengono “congelati i beni” come le mega ville da 100 milioni di euro in Sardegna o gli Yacht da 300-500 milioni di dollari attraccati in varie banchine del mondo, ma le spese di manutenzione, e questo non viene mai detto, le paghiamo noi (gli Stati che eseguono i congelamenti), perché bisogna dire che il “congelamento” va fatto garantendo che non ci sia depauperamento del valore, perché questo potrebbe dar luogo a richieste di risarcimento che in un tribunale o in un arbitrato internazionale vedrebbero sentenze ad esclusivo vantaggio dei proprietari, visto e considerato che la “proprietà privata” è a fondamento delle democrazie occidentali.
Per capire qualcosa di più del mondo delle valute, facciamo qualche passo indietro fino al 1944 quando vennero firmati gli accordi di Bretton Woods che durarono fino al 1971.
Si trattava di un sistema di regolazione dei cambi internazionali in base ai quali il dollaro, valutato 35 dollari l’oncia, era l’unica divisa convertibile in oro e divenne quindi il punto di riferimento per gli scambi.
Gli accordi voluti dagli statunitensi sono andati avanti benissimo per 27 anni fino a quando gli USA con la presidenza Nixon, rovinati dalla lunghissima guerra di invasione in Vietnam che costò ben 12 mila tonnellate d’oro che misero a rischio le riserve auree del Paese, decisero che bisognava cambiare sistema: non più adeguate riserve auree per garantire gli scambi monetari tra gli Stati, bensì svalutazione unilaterale del dollaro per facilitare le proprie esportazioni e fluttuazione dei cambi.
Questo è avvenuto con il noto Smithsonian Agreement del 1971.
E infatti dal mese di febbraio del 1973 ogni legame tra dollaro e monete estere venne definitivamente reciso e lo standard aureo fu quindi sostituito dal sistema di cambi flessibili.
Ora vediamo alcuni numeri a confronto come riportati dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Sui sette miliardi e novecento milioni di persone stimate oggi sulla terra, l’invasione dell’Ucraina sta letteralmente e velocemente cambiando la geopolitica, mettendo in un angolo quella che era la globalizzazione economica e commerciale, per un confronto/scontro in primo piano tra l’Occidente, composto da USA, UE, GB, Canada, Australia, Giappone, Svizzera (si, anche la Svizzera), che rappresenta circa 770 milioni di persone e l’Oriente che possiamo al momento computare con Russia, Cina, India, Iran, Siria, Brasile, i Paesi dell’Opec e una gran parte dell’Africa, direi quasi il resto del mondo, ovvero circa 7 miliardi di persone o, se vogliamo togliere una gran parte dell’Africa da questo conteggio, possiamo dire almeno 6 miliardi di persone.
Ma sommessamente mi vien da dire, siamo sicuri che l’Africa si schiererebbe con il mondo occidentale?
Osservo che a questi ultimi Paesi va aggiunta anche la Turchia che, pur rappresentando il secondo esercito della NATO, non ha aderito alle sanzioni, per altro per evidenti e noti motivi di politica interna legati all’inflazione all’iperbolico valore del 48% e alla gravissima crisi economica crescente in atto da alcuni anni.
Ora guardiamo la realtà. Tutti questi paesi riuniti nel fronte orientale non hanno aderito alle sanzioni e mantengono rapporti commerciali con Mosca.
Questo vuol dire che le sanzioni vengono o possono essere di fatto bypassate.
Il Cremlino, dal canto suo, sta infatti cercando di riagganciare il rublo all’oro per le sue triangolazioni economico finanziarie utili proprio a sterilizzare, possibilmente in maniera definitiva, l’effetto delle sanzioni.
Da qui il valore del rublo che è tornato al suo valore preinvasione.
Oggi si legge su Bloomberg dell’impossibilità per la Russia di pagare i detentori esteri delle obbligazioni russe, ma non perché la Russia non abbia i soldi per farlo, ma solo ed esclusivamente perché J.P. Morgan, una delle principali banche americane, dove sono depositati i soldi russi, ha avuto l’ordine da parte della Casa Bianca di non provvedere al pagamento.
Riassumendo, i soldi ci sono, l’ordine di pagamento è partito, ma una banca americana privata non ha ottemperato all’ordine di pagamento.
E subito c’è stato da parte dell’Agenzia di rating (sempre americana) Standard & Poor’s il “declassamento selettivo” del debito russo.
Siamo sicuri che finisce così, senza ulteriori strascichi?
Mi chiedo, cosa succederebbe a parti invertite?
Credo che si possa dire che si tratta di decisioni politiche senza precedenti su fatti economici che violano tutti gli elementi del diritto internazionale che regolano i rapporti tra gli Stati e anche tra i soggetti privati su questi campi particolari, come ci insegnano le transazioni derivanti dai contratti energetici “take or pay” a medio e lungo termine che vanno onorati per evitare le conseguenze esplicite e implicite di tali tipologie di contratto.
In effetti le sanzioni potrebbero avere un effetto grave nella crescita a medio termine della Russia, ma questo è un discorso diverso da ciò che sentiamo tutti i giorni in quei noiosi, ripetitivi e blateranti talk show televisivi e leggiamo nei grandi quotidiani italiani.
La Russia, infatti, è il terzo estrattore al mondo di oro e il quinto detentore di riserve auree con circa 140 miliardi di dollari (il dato è di giugno 2021) che si trovano fisicamente in Russia e quindi, che lo si voglia o no, non sono raggiungibili dalle sanzioni occidentali.
Queste cose meglio di tutti noi le sanno Biden, la Von Der Leyen e Draghi, e allora perché continuare, informativamente parlando, in questo modo?
A me pare che in tutta questa storia né l’Europa né l’Italia stiano facendo i propri interessi e che si potesse e si possa essere atlantisti e alleati degli USA facendo però l’interesse dei cittadini europei e italiani.
Interessi, mi permetto di dire, che nel caso in esame sta cercando di fare la stessa Turchia di Erdogan e né l’Europa, né l’Italia, hanno mostrato capacità di decisione autonome rispetto al padrone alleato americano.
A me questo servilismo non piace per nulla e, comunque la si giri, questa guerra sta ridisegnando il mondo prossimo venturo e non mi pare che ciò stia avvenendo con una prospettiva positiva per l’Occidente di cui facciamo parte tutti noi.
Invasione dell’Ucraina e sanzioni dell’Occidente (di Fernando Codonesu)
Fernando Codonesu
In questo periodo pieno di tante ombre, a tratti spaventose e lugubri, una cosa mi pare veramente semplice e chiara: le sanzioni dell’Occidente contro la Russia sono un bluff per imbrogliare le opinioni pubbliche.
Vediamo perché.
Prima del 24 febbraio 2022 per comprare un dollaro si spendevano 76 rubli, un valore più o meno equivalente, con piccole normali oscillazioni nel suo intorno, che si era osservato in tutto il 2021.
In soldoni, un andamento tipico della funzione di cambio rublo/dollaro, osservabile su tale periodo temporale per tutte le valute principali del mondo.
Nei primi giorni di marzo dopo le roboanti decisioni sulle sanzioni dell’Occidente, guidate dall’imperativo categorico di Biden a cui si sono subito allineati l’UE, con alcuni dei suoi stati più significativi come la Germania e l’Italia, ancorché con l’esclusione dello spinoso tema dell’energia, la GB, il Canada e quindi l’Australia, per comprare un dollaro si spendevano 160 rubli: un dato da default tecnico.
Dopo appena 15 giorni, a partire dal 22 marzo, il rublo è ritornato al valore preinvasione dell’Ucraina e oggi viaggia a 79 rubli contro un dollaro.
Un valore normale, in linea con il valore delle rispettive monete di riferimento dal momento che i cambi delle valute continuano ad essere liberi da alcuni decenni e non più legati alle riserve auree.
Dove voglio andare a parare?
Semplice: le sanzioni sono un bluff rispetto agli effetti sbandierati.
Intanto non toccano i grandi “magnati russi” ai quali vengono “congelati i beni” come le mega ville da 100 milioni di euro in Sardegna o gli Yacht da 300-500 milioni di dollari attraccati in varie banchine del mondo, ma le spese di manutenzione, e questo non viene mai detto, le paghiamo noi (gli Stati che eseguono i congelamenti), perché bisogna dire che il “congelamento” va fatto garantendo che non ci sia depauperamento del valore, perché questo potrebbe dar luogo a richieste di risarcimento che in un tribunale o in un arbitrato internazionale vedrebbero sentenze ad esclusivo vantaggio dei proprietari, visto e considerato che la “proprietà privata” è a fondamento delle democrazie occidentali.
Per capire qualcosa di più del mondo delle valute, facciamo qualche passo indietro fino al 1944 quando vennero firmati gli accordi di Bretton Woods che durarono fino al 1971.
Si trattava di un sistema di regolazione dei cambi internazionali in base ai quali il dollaro, valutato 35 dollari l’oncia, era l’unica divisa convertibile in oro e divenne quindi il punto di riferimento per gli scambi.
Gli accordi voluti dagli statunitensi sono andati avanti benissimo per 27 anni fino a quando gli USA con la presidenza Nixon, rovinati dalla lunghissima guerra di invasione in Vietnam che costò ben 12 mila tonnellate d’oro che misero a rischio le riserve auree del Paese, decisero che bisognava cambiare sistema: non più adeguate riserve auree per garantire gli scambi monetari tra gli Stati, bensì svalutazione unilaterale del dollaro per facilitare le proprie esportazioni e fluttuazione dei cambi.
Questo è avvenuto con il noto Smithsonian Agreement del 1971.
E infatti dal mese di febbraio del 1973 ogni legame tra dollaro e monete estere venne definitivamente reciso e lo standard aureo fu quindi sostituito dal sistema di cambi flessibili.
Ora vediamo alcuni numeri a confronto come riportati dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Sui sette miliardi e novecento milioni di persone stimate oggi sulla terra, l’invasione dell’Ucraina sta letteralmente e velocemente cambiando la geopolitica, mettendo in un angolo quella che era la globalizzazione economica e commerciale, per un confronto/scontro in primo piano tra l’Occidente, composto da USA, UE, GB, Canada, Australia, Giappone, Svizzera (si, anche la Svizzera), che rappresenta circa 770 milioni di persone e l’Oriente che possiamo al momento computare con Russia, Cina, India, Iran, Siria, Brasile, i Paesi dell’Opec e una gran parte dell’Africa, direi quasi il resto del mondo, ovvero circa 7 miliardi di persone o, se vogliamo togliere una gran parte dell’Africa da questo conteggio, possiamo dire almeno 6 miliardi di persone.
Ma sommessamente mi vien da dire, siamo sicuri che l’Africa si schiererebbe con il mondo occidentale?
Osservo che a questi ultimi Paesi va aggiunta anche la Turchia che, pur rappresentando il secondo esercito della NATO, non ha aderito alle sanzioni, per altro per evidenti e noti motivi di politica interna legati all’inflazione all’iperbolico valore del 48% e alla gravissima crisi economica crescente in atto da alcuni anni.
Ora guardiamo la realtà. Tutti questi paesi riuniti nel fronte orientale non hanno aderito alle sanzioni e mantengono rapporti commerciali con Mosca.
Questo vuol dire che le sanzioni vengono o possono essere di fatto bypassate.
Il Cremlino, dal canto suo, sta infatti cercando di riagganciare il rublo all’oro per le sue triangolazioni economico finanziarie utili proprio a sterilizzare, possibilmente in maniera definitiva, l’effetto delle sanzioni.
Da qui il valore del rublo che è tornato al suo valore preinvasione.
Oggi si legge su Bloomberg dell’impossibilità per la Russia di pagare i detentori esteri delle obbligazioni russe, ma non perché la Russia non abbia i soldi per farlo, ma solo ed esclusivamente perché J.P. Morgan, una delle principali banche americane, dove sono depositati i soldi russi, ha avuto l’ordine da parte della Casa Bianca di non provvedere al pagamento.
Riassumendo, i soldi ci sono, l’ordine di pagamento è partito, ma una banca americana privata non ha ottemperato all’ordine di pagamento.
E subito c’è stato da parte dell’Agenzia di rating (sempre americana) Standard & Poor’s il “declassamento selettivo” del debito russo.
Siamo sicuri che finisce così, senza ulteriori strascichi?
Mi chiedo, cosa succederebbe a parti invertite?
Credo che si possa dire che si tratta di decisioni politiche senza precedenti su fatti economici che violano tutti gli elementi del diritto internazionale che regolano i rapporti tra gli Stati e anche tra i soggetti privati su questi campi particolari, come ci insegnano le transazioni derivanti dai contratti energetici “take or pay” a medio e lungo termine che vanno onorati per evitare le conseguenze esplicite e implicite di tali tipologie di contratto.
In effetti le sanzioni potrebbero avere un effetto grave nella crescita a medio termine della Russia, ma questo è un discorso diverso da ciò che sentiamo tutti i giorni in quei noiosi, ripetitivi e blateranti talk show televisivi e leggiamo nei grandi quotidiani italiani.
La Russia, infatti, è il terzo estrattore al mondo di oro e il quinto detentore di riserve auree con circa 140 miliardi di dollari (il dato è di giugno 2021) che si trovano fisicamente in Russia e quindi, che lo si voglia o no, non sono raggiungibili dalle sanzioni occidentali.
Queste cose meglio di tutti noi le sanno Biden, la Von Der Leyen e Draghi, e allora perché continuare, informativamente parlando, in questo modo?
A me pare che in tutta questa storia né l’Europa né l’Italia stiano facendo i propri interessi e che si potesse e si possa essere atlantisti e alleati degli USA facendo però l’interesse dei cittadini europei e italiani.
Interessi, mi permetto di dire, che nel caso in esame sta cercando di fare la stessa Turchia di Erdogan e né l’Europa, né l’Italia, hanno mostrato capacità di decisione autonome rispetto al padrone alleato americano.
A me questo servilismo non piace per nulla e, comunque la si giri, questa guerra sta ridisegnando il mondo prossimo venturo e non mi pare che ciò stia avvenendo con una prospettiva positiva per l’Occidente di cui facciamo parte tutti noi.
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