Alla fine, siamo arrivati al 25 settembre ed è accaduto quanto molti di noi temevano, forse si è andati anche oltre le previsioni. In peggio. Sapevamo che la destra avrebbe vinto ma vedere FdI così in alto, ci lascia sbigottiti. Iniziamo con il dire che nessuno, a mio parere, può ritenersi soddisfatto del risultato del partito o movimento che ha votato. Abbiamo perso tutti c’è poco da dire. I numeri parlano chiaro e dicono che avremo con molta probabilità una maggioranza di legislatura. Cinque lunghi anni di governo con la destra.
Cosa fare? Non possiamo più dividerci e non possiamo non comprendere che chi in questi anni si è battuto per portare al centro del dibattito i diritti dei migranti, tanto che oggi si parla di ius scholae, o chi ha portato avanti i diritti delle comunità LGBT non può essere visto come un nemico. L’avversario va visto in chi non vuole riconoscere questi diritti. Non è un caso che i migliori auguri e complimenti per la vittoria della destra, arrivino da Ungheria, Polonia e da Marine Le Pen. Ancora una volta l’Italia, paese fondatore dell’U.E., diventa l’osservato speciale.
Son stati fatti errori nel passato? Certo che sì. Abbiamo avuto i decreti Minniti ma anche in seguito i decreti sicurezza. Vi sono divergenze sulla visione della guerra, bene se ne discuta ma sicuramente chi governerà non è un pacifista. Vogliamo dunque dargli un ulteriore vantaggio? È inutile poi recriminare su come doveva essere impostata la campagna elettorale. La situazione oggi è questa, come la vogliamo affrontare?
Siamo chiamati ancora una volta a fare fronte comune. La Scuola in particolare deve portare avanti il suo ruolo culturale nella diffusione di un pensiero di sinistra, riformista e democratico da tutti noi condiviso che possa favorire un processo di dialogo tra le forze dell’ormai fu campo largo. Basta con i nostri personalismi nel dare patenti di chi è più meno democratico. Nostro compito è interrogarci, riflettere, discutere anche aspramente ma poi abbiamo il dovere di fare sintesi e di portare il nostro contributo alla luce mettendolo a disposizione di tutti.
Non siamo un partito e l’abbiamo ripetuto più volte. Non dobbiamo fare congressi, non dobbiamo discutere di politiche delle alleanze, ma abbiamo il vantaggio di poterci confrontare con le forze politiche senza essere noi stessi dei competitori. Essere dei facilitatori questo è un ruolo che possiamo svolgere egregiamente, viste le grandi competenze che abbiamo al nostro interno. Oltre a questo, dobbiamo continuare con il lavoro svolto dai caffè politici che hanno creato interesse nei nostri confronti e organizzare i seminari di studio. Molto c’è da fare, ma sono convinto che siamo in grado di dare il nostro contributo.
Venerdì avremo il caffè politico dedicato all’analisi del voto. Occasione di confronto fra opinioni diverse ma che confido non debbano essere viste in contrasto tra loro.
Il nemico da combattere sta nell’altro campo non nel nostro.
Roberto Mirasola
Puoi condividere con i tuoi gruppi, i tuoi amici, .....
Quale ruolo per la Scuola di cultura politica? (di Roberto Mirasola)
Alla fine, siamo arrivati al 25 settembre ed è accaduto quanto molti di noi temevano, forse si è andati anche oltre le previsioni. In peggio. Sapevamo che la destra avrebbe vinto ma vedere FdI così in alto, ci lascia sbigottiti. Iniziamo con il dire che nessuno, a mio parere, può ritenersi soddisfatto del risultato del partito o movimento che ha votato. Abbiamo perso tutti c’è poco da dire. I numeri parlano chiaro e dicono che avremo con molta probabilità una maggioranza di legislatura. Cinque lunghi anni di governo con la destra.
Cosa fare? Non possiamo più dividerci e non possiamo non comprendere che chi in questi anni si è battuto per portare al centro del dibattito i diritti dei migranti, tanto che oggi si parla di ius scholae, o chi ha portato avanti i diritti delle comunità LGBT non può essere visto come un nemico. L’avversario va visto in chi non vuole riconoscere questi diritti. Non è un caso che i migliori auguri e complimenti per la vittoria della destra, arrivino da Ungheria, Polonia e da Marine Le Pen. Ancora una volta l’Italia, paese fondatore dell’U.E., diventa l’osservato speciale.
Son stati fatti errori nel passato? Certo che sì. Abbiamo avuto i decreti Minniti ma anche in seguito i decreti sicurezza. Vi sono divergenze sulla visione della guerra, bene se ne discuta ma sicuramente chi governerà non è un pacifista. Vogliamo dunque dargli un ulteriore vantaggio? È inutile poi recriminare su come doveva essere impostata la campagna elettorale. La situazione oggi è questa, come la vogliamo affrontare?
Siamo chiamati ancora una volta a fare fronte comune. La Scuola in particolare deve portare avanti il suo ruolo culturale nella diffusione di un pensiero di sinistra, riformista e democratico da tutti noi condiviso che possa favorire un processo di dialogo tra le forze dell’ormai fu campo largo. Basta con i nostri personalismi nel dare patenti di chi è più meno democratico. Nostro compito è interrogarci, riflettere, discutere anche aspramente ma poi abbiamo il dovere di fare sintesi e di portare il nostro contributo alla luce mettendolo a disposizione di tutti.
Non siamo un partito e l’abbiamo ripetuto più volte. Non dobbiamo fare congressi, non dobbiamo discutere di politiche delle alleanze, ma abbiamo il vantaggio di poterci confrontare con le forze politiche senza essere noi stessi dei competitori. Essere dei facilitatori questo è un ruolo che possiamo svolgere egregiamente, viste le grandi competenze che abbiamo al nostro interno. Oltre a questo, dobbiamo continuare con il lavoro svolto dai caffè politici che hanno creato interesse nei nostri confronti e organizzare i seminari di studio. Molto c’è da fare, ma sono convinto che siamo in grado di dare il nostro contributo.
Venerdì avremo il caffè politico dedicato all’analisi del voto. Occasione di confronto fra opinioni diverse ma che confido non debbano essere viste in contrasto tra loro.
Il nemico da combattere sta nell’altro campo non nel nostro.
Roberto Mirasola
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