Il 28 ottobre 2022 si è svolta la bella iniziativa dell’Archivio di Stato di Cagliari “Processo alla marcia. 1922-2022 – A cent’anni dalla marcia su Roma””I tanti approcci alla “marcia”. Un possibile dialogo tra competenze”, interessante serata di discussione e confronto aperta anche al pubblico presente, corredata da una rassegna documentaria a tema.
Coordinati da Massimiliano Rais, giornalista di Videolina, sono intervenuti: Enrico Trogu, Archivio di Stato di Cagliari; Marco Pignotti, UniCa – Università degli Studi di Cagliari; Walter Falgio, Issasco (Istituto Sardo per la storia dell’Antifascismo); Salvatore Cingari, Università per Stranieri di Perugia; con il contributo teatrale di Gianluca Medas
Nel momento storico che stiamo vivendo, mai come in questi ultimi anni, il bisogno di storia e la necessità di storicizzare il presente attraversano le nostre vite e il nostro essere cittadini di questa repubblica.
Siamo immersi nella memoria frammentata dei media, nella velocità che non lascia spazio all’analisi e tutti, giovani e adulti, dobbiamo fare i conti con l’uso pubblico della Storia finalizzato a legittimare l’esistente.
Occuparci del passato, studiare, approfondire per capire meglio il presente, aiutare i più giovani ad orientarsi e crescere nel rispetto dei valori costituzionali è indispensabile e doveroso.
Ci sono modi diversi di avvicinarsi alla Storia. I percorsi della memoria attraverso le testimonianze dirette sono indubbiamente i più coinvolgenti ma non sempre questo è possibile, perciò le fonti costituiscono un elemento fondamentale per conoscere e capire.
Persone vive, reali, emergono dal documento, dalle fonti storiche del passato. Lettere, fotografie, cronache, film e documentari, letteratura, tutte le espressioni artistiche, danno corpo a mentalità, comportamenti, stereotipi, scelte di vita.
Tutto è fonte e il controllo della veridicità della fonte è operazione indispensabile e spesso complessa per non correre il rischio di attualizzare il passato ,riducendolo a semplice narrazione, per evitare la costruzione di immagini del passato vicine ai propri bisogni interpretativi del presente.
A questo bisogno di trovare risposte e indirizzi per l’agire futuro risponde anche un’iniziativa come questa.
Il direttore Enrico Trogu ci illustra i motivi per cui è importante affrontare un tematica come la Marcia su Roma in un luogo come l’Archivio di stato di Cagliari, che ha un ruolo ben preciso nella comunità cittadina e si configura oggettivamente come il più grande bacino di fonti per la storia del primo Novecento in Sardegna, bacino in atto e, ancor più grande, bacino potenziale. Luogo dove si può discutere di un evento che ci consente di aprire molteplici porte.
Evidenzia la necessità di non ridurre la Storia a memorialistica e l’importanza di parlarne oggi attraverso esperti che sono in grado di contestualizzare, di attualizzare e di individuare ulteriori linee di studio, che definisce “pedagogiche”, rivolte non solo agli studenti delle scuole e delle università ma anche a noi cittadini.
Un altro aspetto che emerge è l’importanza della collaborazione fra istituzioni, che rendono possibili nuove strade di indagine delle fonti.
In Archivio di Stato, ci informa Trogu, sono a disposizione, tra le tante, le carte della questura e del tribunale di Cagliari, le carte del tribunale militare di Cagliari, delle Saline di Stato e della Manifattura tabacchi.
Tutto questo contribuisce alla ricostruzione della storia della città e della Sardegna, ci invita alla memoria dei luoghi.
Un invito, cito, ad andare oltre il cosiddetto “eventismo” e ad esplorare il contesto, andare a vedere come i territori hanno reagito nel periodo immediatamente successivo alla prima guerra mondiale, arrivando al 1922 e alla prima fase di assestamento, di recrudescenza e di indurimento graduale della mano del regime, gli spostamenti, le emigrazioni anche fuori Sardegna e oltre, attraverso la visione diacronica delle carte dei comuni dell’ufficio di gabinetto della prefettura di Cagliari, che rappresentano un arcipelago documentario molto ben ordinato e che hanno necessità esclusivamente di essere repertoriate per poi essere lavorate da chi la storia la fa di mestiere.
Nei ragionamenti dei diversi relatori è dunque sempre presente il rapporto tra la Marcia su Roma come singolo evento, con la sua portata simbolica, e la comprensione di che cosa è stato il Ventennio in Sardegna ma non solo.
Walter Falgio ci fornisce delle parole chiave, a cui collega alcuni punti nodali della sua ricostruzione. Continuità ( che include, per opposizione, rotture), intreccio, ”inattuazione”.
Lo studioso si rifà a una linea di interpretazione che intende il fascismo come un fenomeno con una sua identità. Ci sono state correnti di pensiero, precisa, che hanno visto il fascismo come epifenomeno di altre dinamiche sociali,fenomeno contingente di una deriva anti proletaria della borghesia, fino quasi a negarne l’identità. Tuttavia esso ha una sua identità, è nato in un contesto preciso dopo la grande guerra, in opposizione sia al comunismo sia ai principi dello stato liberale e democratico, proponendosi come alternativa a valori di libertà e uguaglianza. Esso propone uno Stato basato sui principi del nazionalismo, sul totalitarismo, sulla militarizzazione, sulla subordinazione dell’individuo allo Stato.
Continuità è la prima parola chiave sulla quale siamo invitati a indagare: la continuità del Fascismo nello Stato, inteso non solo come apparato burocratico ma anche come apparato ideologico e centrale, non tanto in riferimento a residui o permanenze nostalgiche bensì per il fatto che il fascismo abbia messo in atto delle pratiche che hanno avuto un seguito nelle esperienze politiche successive anche nell’Italia repubblicana. Continuità che non esclude i cambiamenti, le rotture. Altra parola chiave è intreccio, lo stretto legame tra vecchio e nuovo che caratterizzò il passaggio dal fascismo all’età repubblicana.
La Costituente e il referendum sulla forma istituzionale dello Stato spezzano la continuità dei vertici dell’ordinamento giuridico ma non l’ordinamento giuridico nel suo complesso. È nota la situazione dei prefetti , di cui parla anche Calamandrei. E qui entra in gioco la terza parola chiave, “inattuazione”.
La restaurazione, operata da De Gasperi, dell’amministrazione dello Stato porta all’ingresso in ruolo di 16 prefetti nominati dal regime fascista nel ’43, mentre vengono messi da parte prefetti di nomina politica del CLN.
Emblematico il caso dell’incarcerazione del partigiano Nino Garau, accusato di omicidio in una denuncia anonima, mentre fascisti accusati di tortura e omicidi non furono processati e l’adesione al MSI non fu considerata della Cassazione un reato.
Marco Pignotti ci riporta a cosa è successo il 28 ottobre del 1922.
Dice: “Nel primo dopoguerra ci sono già tutti gli elementi che lasciano presagire che si potrà affermare un sistema politico che nega tutta l’esperienza pregressa, che si è materializzata negli anni che precedono la guerra mondiale, e questi ingredienti cercano di annullare tutte quelle conquiste che si sono accumulate dall’Unità d’Italia fino al 24 Maggio 1915, momento in cui l’Italia decide di intervenire in guerra.
Queste conquiste sono la libertà di stampa, la libertà di dibattito, la rappresentanza parlamentare, il suffragio universale, la mediazione sociale, l’istituzionalizzazione dei sindacati e la presenza delle Camere del Lavoro, quindi una regolamentazione del conflitto fra capitale e lavoro, che aveva archiviato il primato del capitale sulla prestazione d’opera.
Conquiste importanti sedimentate nel tempo che la guerra annulla trasforma scredita, perché la guerra trasforma tutto, è un acceleratore temporale come se invece che quattro anni ne fossero passati cento. L’Italia del 1919 è sideralmente lontana, antropologicamente culturalmente è politicamente, da quella del 1915.”
Pignotti ci fa notare che non si sa nemmeno che cosa sia la dittatura. Nessun paese ha cancellato le conquiste democratiche e liberali che aveva in qualche modo ottenuto.
Questi nuovi valori antagonisti partono da un obiettivo che in realtà non è fascista o non è solo fascista: la centralità del Parlamento, cioè la negazione della rappresentanza parlamentare popolare.
Il Parlamento è il principale indiziato di un fallimento istituzionale e di tutta una serie di contraddizioni che sono presenti nella società.
L’ affermazione del fascismo viene agevolata da questa ricerca disperata di qualcosa di nuovo e “nuovo” diventa purtroppo l’aggettivo che in qualche modo legittima anche l’uso indiscriminato della violenza, che il 28 ottobre 1922 viene plasticamente rappresentata dalla marcia ma in realtà è solo il culmine di tutto un percorso che parte dal ‘19 ma in realtà parte da molto prima, dal ‘17, parte da Caporetto, in realtà parte ancora prima, dalle radiose giornate di maggio quando l’Italia entra in guerra con un atto di violenza, perché la maggioranza della popolazione in realtà non è favorevole.
Pignotti analizza come si è arrivati alla nomina di Benito Mussolini, mettendo in evidenza le contraddizioni di intellettuali come Benedetto Croce, che inizialmente la appoggiano.
Di Croce e dell’atteggiamento degli intellettuali liberali si occupa approfonditamente Salvatore Cingari.
Gianluca Medas ha dato un contributo importante allo svolgimento della serata con la sua esperienza di uomo di teatro attento alla Storia e alle storie. A lui sono affidate le conclusioni.
Dov’era Lussu il 28 ottobre? Era a Nuoro per un congresso del PSd’Az, senza notizie. In Sardegna non si sa cosa sta succedendo in Italia …
Archivio di Stato di Cagliari “Processo alla marcia. 1922-2022 – A cent’anni dalla marcia su Roma” I tanti approcci alla “marcia”. Un possibile dialogo tra competenze” (di Rita Sanna)
Il 28 ottobre 2022 si è svolta la bella iniziativa dell’Archivio di Stato di Cagliari “Processo alla marcia. 1922-2022 – A cent’anni dalla marcia su Roma””I tanti approcci alla “marcia”. Un possibile dialogo tra competenze”, interessante serata di discussione e confronto aperta anche al pubblico presente, corredata da una rassegna documentaria a tema.
Coordinati da Massimiliano Rais, giornalista di Videolina, sono intervenuti: Enrico Trogu, Archivio di Stato di Cagliari; Marco Pignotti, UniCa – Università degli Studi di Cagliari; Walter Falgio, Issasco (Istituto Sardo per la storia dell’Antifascismo); Salvatore Cingari, Università per Stranieri di Perugia; con il contributo teatrale di Gianluca Medas
Nel momento storico che stiamo vivendo, mai come in questi ultimi anni, il bisogno di storia e la necessità di storicizzare il presente attraversano le nostre vite e il nostro essere cittadini di questa repubblica.
Siamo immersi nella memoria frammentata dei media, nella velocità che non lascia spazio all’analisi e tutti, giovani e adulti, dobbiamo fare i conti con l’uso pubblico della Storia finalizzato a legittimare l’esistente.
Occuparci del passato, studiare, approfondire per capire meglio il presente, aiutare i più giovani ad orientarsi e crescere nel rispetto dei valori costituzionali è indispensabile e doveroso.
Ci sono modi diversi di avvicinarsi alla Storia. I percorsi della memoria attraverso le testimonianze dirette sono indubbiamente i più coinvolgenti ma non sempre questo è possibile, perciò le fonti costituiscono un elemento fondamentale per conoscere e capire.
Persone vive, reali, emergono dal documento, dalle fonti storiche del passato. Lettere, fotografie, cronache, film e documentari, letteratura, tutte le espressioni artistiche, danno corpo a mentalità, comportamenti, stereotipi, scelte di vita.
Tutto è fonte e il controllo della veridicità della fonte è operazione indispensabile e spesso complessa per non correre il rischio di attualizzare il passato ,riducendolo a semplice narrazione, per evitare la costruzione di immagini del passato vicine ai propri bisogni interpretativi del presente.
A questo bisogno di trovare risposte e indirizzi per l’agire futuro risponde anche un’iniziativa come questa.
Il direttore Enrico Trogu ci illustra i motivi per cui è importante affrontare un tematica come la Marcia su Roma in un luogo come l’Archivio di stato di Cagliari, che ha un ruolo ben preciso nella comunità cittadina e si configura oggettivamente come il più grande bacino di fonti per la storia del primo Novecento in Sardegna, bacino in atto e, ancor più grande, bacino potenziale. Luogo dove si può discutere di un evento che ci consente di aprire molteplici porte.
Evidenzia la necessità di non ridurre la Storia a memorialistica e l’importanza di parlarne oggi attraverso esperti che sono in grado di contestualizzare, di attualizzare e di individuare ulteriori linee di studio, che definisce “pedagogiche”, rivolte non solo agli studenti delle scuole e delle università ma anche a noi cittadini.
Un altro aspetto che emerge è l’importanza della collaborazione fra istituzioni, che rendono possibili nuove strade di indagine delle fonti.
In Archivio di Stato, ci informa Trogu, sono a disposizione, tra le tante, le carte della questura e del tribunale di Cagliari, le carte del tribunale militare di Cagliari, delle Saline di Stato e della Manifattura tabacchi.
Tutto questo contribuisce alla ricostruzione della storia della città e della Sardegna, ci invita alla memoria dei luoghi.
Un invito, cito, ad andare oltre il cosiddetto “eventismo” e ad esplorare il contesto, andare a vedere come i territori hanno reagito nel periodo immediatamente successivo alla prima guerra mondiale, arrivando al 1922 e alla prima fase di assestamento, di recrudescenza e di indurimento graduale della mano del regime, gli spostamenti, le emigrazioni anche fuori Sardegna e oltre, attraverso la visione diacronica delle carte dei comuni dell’ufficio di gabinetto della prefettura di Cagliari, che rappresentano un arcipelago documentario molto ben ordinato e che hanno necessità esclusivamente di essere repertoriate per poi essere lavorate da chi la storia la fa di mestiere.
Nei ragionamenti dei diversi relatori è dunque sempre presente il rapporto tra la Marcia su Roma come singolo evento, con la sua portata simbolica, e la comprensione di che cosa è stato il Ventennio in Sardegna ma non solo.
Walter Falgio ci fornisce delle parole chiave, a cui collega alcuni punti nodali della sua ricostruzione. Continuità ( che include, per opposizione, rotture), intreccio, ”inattuazione”.
Lo studioso si rifà a una linea di interpretazione che intende il fascismo come un fenomeno con una sua identità. Ci sono state correnti di pensiero, precisa, che hanno visto il fascismo come epifenomeno di altre dinamiche sociali,fenomeno contingente di una deriva anti proletaria della borghesia, fino quasi a negarne l’identità. Tuttavia esso ha una sua identità, è nato in un contesto preciso dopo la grande guerra, in opposizione sia al comunismo sia ai principi dello stato liberale e democratico, proponendosi come alternativa a valori di libertà e uguaglianza. Esso propone uno Stato basato sui principi del nazionalismo, sul totalitarismo, sulla militarizzazione, sulla subordinazione dell’individuo allo Stato.
Continuità è la prima parola chiave sulla quale siamo invitati a indagare: la continuità del Fascismo nello Stato, inteso non solo come apparato burocratico ma anche come apparato ideologico e centrale, non tanto in riferimento a residui o permanenze nostalgiche bensì per il fatto che il fascismo abbia messo in atto delle pratiche che hanno avuto un seguito nelle esperienze politiche successive anche nell’Italia repubblicana. Continuità che non esclude i cambiamenti, le rotture. Altra parola chiave è intreccio, lo stretto legame tra vecchio e nuovo che caratterizzò il passaggio dal fascismo all’età repubblicana.
La Costituente e il referendum sulla forma istituzionale dello Stato spezzano la continuità dei vertici dell’ordinamento giuridico ma non l’ordinamento giuridico nel suo complesso. È nota la situazione dei prefetti , di cui parla anche Calamandrei. E qui entra in gioco la terza parola chiave, “inattuazione”.
La restaurazione, operata da De Gasperi, dell’amministrazione dello Stato porta all’ingresso in ruolo di 16 prefetti nominati dal regime fascista nel ’43, mentre vengono messi da parte prefetti di nomina politica del CLN.
Emblematico il caso dell’incarcerazione del partigiano Nino Garau, accusato di omicidio in una denuncia anonima, mentre fascisti accusati di tortura e omicidi non furono processati e l’adesione al MSI non fu considerata della Cassazione un reato.
Marco Pignotti ci riporta a cosa è successo il 28 ottobre del 1922.
Dice: “Nel primo dopoguerra ci sono già tutti gli elementi che lasciano presagire che si potrà affermare un sistema politico che nega tutta l’esperienza pregressa, che si è materializzata negli anni che precedono la guerra mondiale, e questi ingredienti cercano di annullare tutte quelle conquiste che si sono accumulate dall’Unità d’Italia fino al 24 Maggio 1915, momento in cui l’Italia decide di intervenire in guerra.
Queste conquiste sono la libertà di stampa, la libertà di dibattito, la rappresentanza parlamentare, il suffragio universale, la mediazione sociale, l’istituzionalizzazione dei sindacati e la presenza delle Camere del Lavoro, quindi una regolamentazione del conflitto fra capitale e lavoro, che aveva archiviato il primato del capitale sulla prestazione d’opera.
Conquiste importanti sedimentate nel tempo che la guerra annulla trasforma scredita, perché la guerra trasforma tutto, è un acceleratore temporale come se invece che quattro anni ne fossero passati cento. L’Italia del 1919 è sideralmente lontana, antropologicamente culturalmente è politicamente, da quella del 1915.”
Pignotti ci fa notare che non si sa nemmeno che cosa sia la dittatura. Nessun paese ha cancellato le conquiste democratiche e liberali che aveva in qualche modo ottenuto.
Questi nuovi valori antagonisti partono da un obiettivo che in realtà non è fascista o non è solo fascista: la centralità del Parlamento, cioè la negazione della rappresentanza parlamentare popolare.
Il Parlamento è il principale indiziato di un fallimento istituzionale e di tutta una serie di contraddizioni che sono presenti nella società.
L’ affermazione del fascismo viene agevolata da questa ricerca disperata di qualcosa di nuovo e “nuovo” diventa purtroppo l’aggettivo che in qualche modo legittima anche l’uso indiscriminato della violenza, che il 28 ottobre 1922 viene plasticamente rappresentata dalla marcia ma in realtà è solo il culmine di tutto un percorso che parte dal ‘19 ma in realtà parte da molto prima, dal ‘17, parte da Caporetto, in realtà parte ancora prima, dalle radiose giornate di maggio quando l’Italia entra in guerra con un atto di violenza, perché la maggioranza della popolazione in realtà non è favorevole.
Pignotti analizza come si è arrivati alla nomina di Benito Mussolini, mettendo in evidenza le contraddizioni di intellettuali come Benedetto Croce, che inizialmente la appoggiano.
Di Croce e dell’atteggiamento degli intellettuali liberali si occupa approfonditamente Salvatore Cingari.
Gianluca Medas ha dato un contributo importante allo svolgimento della serata con la sua esperienza di uomo di teatro attento alla Storia e alle storie. A lui sono affidate le conclusioni.
Dov’era Lussu il 28 ottobre? Era a Nuoro per un congresso del PSd’Az, senza notizie. In Sardegna non si sa cosa sta succedendo in Italia …
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Redazione Scuola