Andrea Pubusa da Democraziaoggi il 30 ottobre
La “Scuola di cultura politica Francesco Cocco“ avvia oggi la sua attività con una lezione di uno dei più autorevoli e ascoltati intellettuali italiani, Domenico De Masi, e su un tema centrale del nostro tempo il c.d. lavoro veloce. Due segnali importanti: “docenze” ai massimi livelli e su argomenti incandescenti quanto all’attualità e alle implicazioni future.
Ieri, presentando questa iniziativa, si poneva un quesito: come si trasforma, cosa diventa la città col lavoro veloce? Quale radicale trasformazione induce nella nostra quotidianità e nelle nostre abitudini? Come veniamo modificati noi stessi? Stiamo parlando dell’oggi, ma anche del domani che incalza e che dobbiamo vivere e ancor prima governare.
E questa nuova forma di lavoro come incide nella dinamica sindacale e nella lotta sociale?
Questa domanda evoca immediatamente la riflessione gramsciana su Americanismo e fordismo, per una lunga fase proposta come un’analisi «classica» delle novità del capitalismo di fronte alla crisi mondiale. Viene in risalto il punto di partenza della riflessione di Gramsci: la modernizzazione e lo sviluppo delle forze produttive come esigenza imprescindibile di quella fase storica. E sono noti i corollari, primo fra tutti, in linea di tendenza, l’avvento della classe operaia alla direzione della produzione, della società e dello Stato. È questa una idea-forza presente già nell’elaborazione «consiliare» del Gramsci dell’«Ordine Nuovo». Certo, accanto all’ipotesi socialista, esiste anche una risposta capitalistica al problema della modernizzazione: essa si manifesta non soltanto sul terreno dell’organizzazione della produzione, ma anche su quello della società e dello Stato. L’americanismo esprime appunto per Gramsci la forma più avanzata della sfida capitalistica, capace di integrare innovazione e restaurazione, economia «programmatica» e libertà dei capitalisti, in un processo di «rivoluzione passiva» che rischia di mettere sotto scacco le forze rivoluzionarie.
Sappiamo com’è andata, ma questi erano i temi di allora. Oggi, questo è il livello della nuova stagione aperta dal lavoro veloce e a distanza. I lavoratori non sono più uno a fianco all’altro, legati da una catena. Quali implicazioni ha questa novità sull’organizzazione sindacale? Quale sindacato può rispondere all’esigenza di programmare una difesa degli interessi del mondo del lavoro? La materialità della vicinanza nella catena di montaggio diventa virtuale con quali conseguenze? Come si vede, un insieme di quesiti su una nuova fase storica che si apre, ai quali De Masi darà risposte da par suo, diffondendo luci di conoscenza e itinerari di riflessione. La scuola non poteva partire meglio. Dovevamo avviare l’attività all’inizio dell’anno, ma il Covid ha sconvolto i programmi, che son stati rinviati all’autunno, ma ancora vanificati dalla ripresa di questa maledetta pandemia. Che fare, dunque, qui ed ora? Questo è il quesito che ognuno di noi, come individui e come componente di associazioni, soggetti economici, istituzioni pubbliche, ci poniamo in questi giorni. Per noi la risposta è stata elementare: la Scuola di cultura politica è nata per fare scuola e scuola fa. Tenacemente. Il Covid dev’essere sconfitto sul terreno sanitario, ma anche e anzitutto sul piano dell’azione pratica. Facciamo scuola, dunque, nel modo in cui oggi è consentito con indipendenza di giudizio e onestà intellettuale. Oltre al valore culturale, in sè molto alto, dell’incontro con De Masi, va sottolineato il valore “politico” di questo primo ciclo di lezioni: una resistenza positiva e attiva al covid, un mantenere fermo l’impegno nelle condizioni permesse dalla necessità di neutralizzare i contagi, uno stare insieme protesi verso la società, una speranza fattiva verso il futuro.
Una scuola, per essere tale, deve lanciare un messaggio positivo, un insegnamento. Ecco il nostro: qualità, autonomia intellettuale, resistenza alle avversità e proiezione in avanti.
Questa è la Scuola di cultura politica nello spirito della persona che le dà il nome: Francesco Cocco.
De Masi oggi alla “Scuola di cultura politica F. Cocco”. Il valore di una partenza
Andrea Pubusa da Democraziaoggi il 30 ottobre
La “Scuola di cultura politica Francesco Cocco“ avvia oggi la sua attività con una lezione di uno dei più autorevoli e ascoltati intellettuali italiani, Domenico De Masi, e su un tema centrale del nostro tempo il c.d. lavoro veloce. Due segnali importanti: “docenze” ai massimi livelli e su argomenti incandescenti quanto all’attualità e alle implicazioni future.
Ieri, presentando questa iniziativa, si poneva un quesito: come si trasforma, cosa diventa la città col lavoro veloce? Quale radicale trasformazione induce nella nostra quotidianità e nelle nostre abitudini? Come veniamo modificati noi stessi? Stiamo parlando dell’oggi, ma anche del domani che incalza e che dobbiamo vivere e ancor prima governare.
E questa nuova forma di lavoro come incide nella dinamica sindacale e nella lotta sociale?
Questa domanda evoca immediatamente la riflessione gramsciana su Americanismo e fordismo, per una lunga fase proposta come un’analisi «classica» delle novità del capitalismo di fronte alla crisi mondiale. Viene in risalto il punto di partenza della riflessione di Gramsci: la modernizzazione e lo sviluppo delle forze produttive come esigenza imprescindibile di quella fase storica. E sono noti i corollari, primo fra tutti, in linea di tendenza, l’avvento della classe operaia alla direzione della produzione, della società e dello Stato. È questa una idea-forza presente già nell’elaborazione «consiliare» del Gramsci dell’«Ordine Nuovo». Certo, accanto all’ipotesi socialista, esiste anche una risposta capitalistica al problema della modernizzazione: essa si manifesta non soltanto sul terreno dell’organizzazione della produzione, ma anche su quello della società e dello Stato. L’americanismo esprime appunto per Gramsci la forma più avanzata della sfida capitalistica, capace di integrare innovazione e restaurazione, economia «programmatica» e libertà dei capitalisti, in un processo di «rivoluzione passiva» che rischia di mettere sotto scacco le forze rivoluzionarie.
Sappiamo com’è andata, ma questi erano i temi di allora. Oggi, questo è il livello della nuova stagione aperta dal lavoro veloce e a distanza. I lavoratori non sono più uno a fianco all’altro, legati da una catena. Quali implicazioni ha questa novità sull’organizzazione sindacale? Quale sindacato può rispondere all’esigenza di programmare una difesa degli interessi del mondo del lavoro? La materialità della vicinanza nella catena di montaggio diventa virtuale con quali conseguenze? Come si vede, un insieme di quesiti su una nuova fase storica che si apre, ai quali De Masi darà risposte da par suo, diffondendo luci di conoscenza e itinerari di riflessione. La scuola non poteva partire meglio. Dovevamo avviare l’attività all’inizio dell’anno, ma il Covid ha sconvolto i programmi, che son stati rinviati all’autunno, ma ancora vanificati dalla ripresa di questa maledetta pandemia. Che fare, dunque, qui ed ora? Questo è il quesito che ognuno di noi, come individui e come componente di associazioni, soggetti economici, istituzioni pubbliche, ci poniamo in questi giorni. Per noi la risposta è stata elementare: la Scuola di cultura politica è nata per fare scuola e scuola fa. Tenacemente. Il Covid dev’essere sconfitto sul terreno sanitario, ma anche e anzitutto sul piano dell’azione pratica. Facciamo scuola, dunque, nel modo in cui oggi è consentito con indipendenza di giudizio e onestà intellettuale. Oltre al valore culturale, in sè molto alto, dell’incontro con De Masi, va sottolineato il valore “politico” di questo primo ciclo di lezioni: una resistenza positiva e attiva al covid, un mantenere fermo l’impegno nelle condizioni permesse dalla necessità di neutralizzare i contagi, uno stare insieme protesi verso la società, una speranza fattiva verso il futuro.
Una scuola, per essere tale, deve lanciare un messaggio positivo, un insegnamento. Ecco il nostro: qualità, autonomia intellettuale, resistenza alle avversità e proiezione in avanti.
Questa è la Scuola di cultura politica nello spirito della persona che le dà il nome: Francesco Cocco.
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