Il diritto alla casa fra legittimità e illegalità (di Rosamaria Maggio)

Il diritto alla casa è un diritto riconosciuto dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, dalla Carta dei diritti dei bambini e in altre disposizioni internazionali. La Costituzione Italiana lo riconosce indirettamente.

Questo diritto è stato ignorato negli ultimi decenni e posto sempre più in opposizione al diritto di proprietà privata.

Le dichiarazioni recenti della neo eletta parlamentare europea Ilaria Salis, hanno avuto il merito di riportare il tema nell’agenda politica.

A fare una breve ricerca sul web si scopre che una politica sulla casa (edilizia residenziale popolare), è stata abbandonata con la prima repubblica.

Tutte le leggi a favore della edilizia popolare, con investimenti pubblici significativi nel settore, sono stati approvate da governi di centro sx fino agli anni ’90 e successivamente tale politica abitativa è stata abbandonata.

Per contro si è consolidata una situazione molto grave che ha visto un importante patrimonio immobiliare, costruito per l’assegnazione, previa graduatoria, a famiglie in stato di difficoltà economiche, restare non assegnato per risolvere la grave crisi abitativa. Al contrario la maggior parte delle abitazioni non vengono assegnate, lasciando migliaia di famiglie prive di case, per quanto le case ci siano e vengano addirittura sigillate per evitarne l’occupazione da parte di chi potrebbe avere il concreto diritto all’assegnazione.

Se ad esempio si fa riferimento alla situazione lombarda, l’Aler, Azienda lombarda per edilizia residenziale, ente regionale titolare di un grande patrimonio immobiliare di edilizia popolare, su circa 60 mila immobili e 33 mila domande di potenziali assegnatari, assegna solo circa 1000 abitazioni l’anno.

Questo determina una situazione di grave insufficienza abitativa che favorisce il mercato privato, ma al tempo stesso determina situazioni di esasperazione fra le famiglie meno abbienti. Con la conseguente occupazione di alloggi da parte di chi non vede alternative.

Si confrontano così situazioni di legittimità con situazioni di illegalità.

Sui social le critiche alla Salis non sono state risparmiate.

Rea di essere una cittadina sottoposta ad una carcerazione preventiva di 13 mesi in un paese europeo, che dovrebbe osservare i fondamentali diritti umani, ma che non li osserva e che la ha assoggettata a trattamenti disumani.

La concittadina è accusata di lesioni personali nei confronti di manifestanti filonazisti in Ungheria, che non hanno neanche presentato querela, circostanza che attesta la lievità dell’aggressione, che deve comunque essere dimostrata. Siamo di fronte ad una italiana innocente fino a sentenza definitiva. Il popolo della pancia però ha già emesso la sua sentenza. Salvo poi essere comprensivo nei confronti di un ergastolano (per la giustizia Usa e italiana), ricevuto in pompa magna dalle massime cariche dello Stato.

In questi giorni la nostra europarlamentare incensurata ha osato affrontare il tema della casa. Alcuni giornali sussurrano di suoi debiti nei confronti dell’Aler, perché potrebbe aver occupato una casa popolare. Lei sostiene di non aver alcun debito perché nessun illecito né civile né penale è stato mai accertato nei suoi confronti da parte dell’autorità giudiziaria. Ma nelle sue prime dichiarazioni alla stampa, ha voluto precisare che in assenza di assegnazioni, in presenza di una inerzia dell’ente regionale, l’occupazione di famiglie in stato di bisogno è giustificato.

La legittimità sostanziale, il diritto alla casa per sé, la famiglia, i figli, in presenza di modesti redditi, mitiga l’illegalità del gesto.

Nessun timore per le nostre proprietà private, costituzionalmente garantite, ma una attenzione urgente da parte di ciascun cittadino per l’indecenza di un patrimonio pubblico, realizzato con le imposte pagate dagli stessi cittadini, inutilizzato, che non viene assegnato agli aventi diritto, che rischia un degrado dovuto all’inutilizzazione, ma che nel momento in cui viene utilizzato, magari a seguito di occupazione di aventi diritto, fa gridare ai più all’illegalità.

Non sarebbe più giusto, legittimo, gridare allo scandalo di risorse collettive che giacciono inutilizzate, non si capisce bene se per incuria, cattiva gestione o addirittura per tutelare interessi privati?

La situazione lombarda è lo specchio di un sistema generalizzato.

Negli ultimi decenni la gestione di questo patrimonio immobiliare è passato dall’istituto nazionale case popolari (IACP), agli enti regionali. In Sardegna l’Area, Azienda regionale per l’edilizia abitativa, è l’ente che si occupa di case popolari dopo che con la riforma del titolo V le competenze sono state trasferite alle regioni.

Si tratta di enti che come si è già detto si occupano della gestione di questo patrimonio. Con una evidente asincronia tra domanda di assegnazione ed assegnazione stessa e con indubbie conseguenze sulla vita delle persone.

Non ci si meravigli quindi se spesso, in situazioni disperate, molte famiglie ricorrano all’occupazione. E la soluzione non può essere l’inasprimento delle pene, bensì l’efficientamento del servizio.

Come si evince dal Rapporto sulla condizione abitativa in Europa 2019, il tasso di deprivazione abitativa in Italia è dell’11 %, contro una media europea del 5,6%. E’ evidente quindi che le responsabilità della politica siano gravi ed eclatanti.

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