Nella letteratura i desiderata vengono spesso lasciati alle onde, protetti da una bottiglia. Ed è forse questa la sensazione, da ultima spiaggia, che molte e molti provano oggi di fronte a una campagna elettorale dai toni spesso perentori e assiologici, per non dire apodittici, con argomenti considerati e imposti con la durezza del “validi di per sé”.
Certo, la campagna elettorale punta a convincere, per cui qualunque mezzo sarebbe valido pur di vincere alle urne; mentre la più timida persuasione che nella sua etimologia indica, sì, anche un’azione, ma verso un qualcosa di dolce e delicato supportato da argomentazioni non apodittiche, resta ai margini.
E ai margini resta anche quella fascia di persone che per motivi vari si trova, appunto, ai margini, immersi in una fragilità fisico-sociale, in cui le due situazioni si fondono spesso in un circolo impietoso che accentua le criticità delle varie situazioni (dagli anziani all’oppressione più o meno occulta sulle donne, dalla disoccupazione alle paure dei giovani sul loro futuro, dal disprezzo nei fatti dell’ambiente ai malati e alle sofferenze dei più, carcerati e immigrati inclusi).
Nel suo esplicativo, molto bello e appassionato intervento Giovanni Umberto Corsini chiarisce l’importanza di non trascurare il mondo degli anziani, che della fragilità sono i protagonisti e in qualche modo i custodi.
Sì, custodi, perché la fragilità proprio mentre mostra la possibilità di “rottura” (da frang-ere) di chi è fragile, sottolinea e illumina anche sulla sua delicatezza.
Ciò che è fragile va toccato e guardato con delicatezza, con quella delicatezza che indica sensibilità accentuata a ogni elemento e sfumatura esterna. Fragilità–delicatezza predicati di chi è “guardato”, ma che, necessariamente, diventano anche produttori di affinamento e “allettamento” dei sensi altrui con un qualcosa di soave e piacevole – come mostra l’etimologia di delicato (da delicere) che si sposa con delizia (da delicio, alletto).
E che cos’è più delicato di ciò che è fragile?
Da qui l’appello nella bottiglia dei desiderata, verso i competitor elettorali affinché si tenga conto delle tante fragilità-delicatezze, non nelle ultime righe di un programma, ma nelle prime, proprio perchè motori indispensabili di cambiamento in meglio.
Principalmente dalle fragilità-delicatezze penso possa nascere un serio programma ecologico, che sappia intervenire ragionando operativamente sulla casa del mondo, l’ambiente di cui noi tutti siamo parte integrante.
La cura indispensabile della casa del mondo, la cui ecocompatibilità si misura appunto e soprattutto sulle fragilità-delicatezze, dovrebbe infine spingere a riflettere i competitor elettorali sull’importanza di ciò che oggi viene colpevolmente relegato ai margini. Mentre è proprio da queste ultime, le fragilità-delicatezze, che si potrebbe ripartire.
La fragilità-delicatezza come risorsa (di Roberto Paracchini)
Nella letteratura i desiderata vengono spesso lasciati alle onde, protetti da una bottiglia. Ed è forse questa la sensazione, da ultima spiaggia, che molte e molti provano oggi di fronte a una campagna elettorale dai toni spesso perentori e assiologici, per non dire apodittici, con argomenti considerati e imposti con la durezza del “validi di per sé”.
Certo, la campagna elettorale punta a convincere, per cui qualunque mezzo sarebbe valido pur di vincere alle urne; mentre la più timida persuasione che nella sua etimologia indica, sì, anche un’azione, ma verso un qualcosa di dolce e delicato supportato da argomentazioni non apodittiche, resta ai margini.
E ai margini resta anche quella fascia di persone che per motivi vari si trova, appunto, ai margini, immersi in una fragilità fisico-sociale, in cui le due situazioni si fondono spesso in un circolo impietoso che accentua le criticità delle varie situazioni (dagli anziani all’oppressione più o meno occulta sulle donne, dalla disoccupazione alle paure dei giovani sul loro futuro, dal disprezzo nei fatti dell’ambiente ai malati e alle sofferenze dei più, carcerati e immigrati inclusi).
Nel suo esplicativo, molto bello e appassionato intervento Giovanni Umberto Corsini chiarisce l’importanza di non trascurare il mondo degli anziani, che della fragilità sono i protagonisti e in qualche modo i custodi.
Sì, custodi, perché la fragilità proprio mentre mostra la possibilità di “rottura” (da frang-ere) di chi è fragile, sottolinea e illumina anche sulla sua delicatezza.
Ciò che è fragile va toccato e guardato con delicatezza, con quella delicatezza che indica sensibilità accentuata a ogni elemento e sfumatura esterna. Fragilità–delicatezza predicati di chi è “guardato”, ma che, necessariamente, diventano anche produttori di affinamento e “allettamento” dei sensi altrui con un qualcosa di soave e piacevole – come mostra l’etimologia di delicato (da delicere) che si sposa con delizia (da delicio, alletto).
E che cos’è più delicato di ciò che è fragile?
Da qui l’appello nella bottiglia dei desiderata, verso i competitor elettorali affinché si tenga conto delle tante fragilità-delicatezze, non nelle ultime righe di un programma, ma nelle prime, proprio perchè motori indispensabili di cambiamento in meglio.
Principalmente dalle fragilità-delicatezze penso possa nascere un serio programma ecologico, che sappia intervenire ragionando operativamente sulla casa del mondo, l’ambiente di cui noi tutti siamo parte integrante.
La cura indispensabile della casa del mondo, la cui ecocompatibilità si misura appunto e soprattutto sulle fragilità-delicatezze, dovrebbe infine spingere a riflettere i competitor elettorali sull’importanza di ciò che oggi viene colpevolmente relegato ai margini. Mentre è proprio da queste ultime, le fragilità-delicatezze, che si potrebbe ripartire.
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Redazione Scuola