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La transizione ecologica ai tempi dell’autonomia differenziata e del nazionalismo regionale. (di Rosamaria Maggio)
Il giorno dell’approvazione della legge sull’autonomia differenziata, non possono mancare riflessioni su quanto avviene in Sardegna a proposito di transizione ecologica.
Vito Biolchini qualche giorno fa nel suo blog affronta il tema della transizione ecologica, sottolineando quanto questa venga vissuta tra isteria ribellista e ruolo della Sardegna.
Questa sua riflessione è lo spunto per affrontare un tema che mi sta a cuore e che vedo preoccupare molti, anche a livello locale.
Dai dati dell’europarlamento emerge che le emissioni di gas serra nell’UE (anidride carbonica,gas e protossido di azoto generati dalle attività umane) mantengono livelli molto alti, per quanto nel 2021 siano diminuite del 22 % rispetto al 2008. Entro il 2030 l’obiettivo è di ridurle del 55% ed entro il 2050 di raggiungere emissioni pari a zero.
Per raggiungere questo obiettivo sappiamo di dover favorire una transizione energetica verso le fonti rinnovabili, quali l’energia prodotta da pannelli fotovoltaici o pale eoliche.
Chiaramente un territorio come quello sardo è predisposto naturalmente alle produzioni alternative con fonti rinnovabili, che potrebbero comportare la possibilità di una autonomia energetica a bassi costi, importante anche e soprattutto per il settore industriale.
Questa transizione impatta con le esigenze di tutela del territorio e delle nostre bellezze storiche e naturalistiche.
Contemperare queste esigenze è difficile ma non impossibile.
Non mi appassiona in questo momento né il dibattito autonomistico sul tema, né quello interpretativo giuridico.
Ci saranno luoghi e contesti per fare ciò.
Trovo i due piani stucchevoli se si inondano i social. Penso che ciascuno di noi abbia bisogno di essere aiutato a riflettere sulle varie opzioni in gioco, senza appunto isterismi.
Intanto mi schiero in favore della transizione ecologica, attraverso le fonti energetiche rinnovabili. Esse sono il futuro, il meno impattante dal punto di vista ambientale, i cui problemi dovranno e potranno essere affrontati dalla scienza. Penso allo smaltimento dopo anni di utilizzo di pale, e pannelli. Ma perché l’estrazione, raffinazione e trasporto di petrolio, gas e carbone, non hanno danneggiato e danneggiano l’ambiente? Oggi spero che la scienza e la tecnologia possano rassicurarci circail riciclo di pale e pannelli smaltiti.
L’altro tema e la misura della produzione.
Premetto che trovo la soluzione ottenuta dalla Regione Sardegna a seguito di trattativa,anche forte,con il Governo, una soluzione ragionevole circa la scelta dei luoghi da destinare alle istallazioni e produzioni. Soprattutto è stato importante rivendicare il diritto di scegliere le aree idonee con la partecipazione di cittadini e istituzioni locali.
La produzione di un quantitativo di energia superiore alle necessità regionali, troverebbe riscontro nella possibilità di fornire di energia a territori carenti di queste possibilità di produzioni alternative.
In uno Stato unitario, ove vige il principio costituzionale della solidarietà, verificare la indisponibilità di molti, in questa regione,a cedere energia pulita ad altre regioni, mi colpisce negativamente, proprio alla luce di quanto dicevo in premessa. Che cosa c’è di diverso tra i leghisti che vogliono l’Autonomia differenziata, e cioè tenere al Nord le maggiori risorse che oggi vengono ripartite anche in favore di regioni meno ricche, e la posizione di noi sardi “nazionalisti”, quando non vogliamo cedere eventuale surplus di energia ad altre regioni?
Dimentichiamo gli articoli 2 (solidarietà), 5 (indivisibilità)e 118 (sussidiarietà) della Costituzione in favore di un falso regionalismo, che nasconde un nazionalismo regionale. La parola “nazione” mi è indigesta, sempre utilizzata in funzione divisiva dalla nostra Presidente del Consiglio, così come mi è indigesta a livello regionale, poiché esclude tutti coloro che non parlano la stessa lingua, non hanno la medesima cultura, abitudini e tradizioni, pur vivendo nello stesso luogo.
Siamo un paese di diversità linguistiche, culturali, ambientali e questa è una ricchezza da preservare. A ciò era votata la specialità regionale.
È quindi grave e preoccupante verificare che spesso siamo i primi a cedere per lucro i nostri terreni, come abbiamo fatto negli anni 60 in Gallura (Costa Smeralda), alla faccia della sedicente tutela ambientale,e così come sembra che stia avvenendo oggi: privati cittadini che vendono centinaia di ettari di terreno, a cifre esorbitanti,alle grandi società’di investimento che ambiscono a realizzare parchi eolici e di pannelli solari. Chiederei un po’ di coerenza.
Non ho sentito nessun chiedere l’applicazione di limitazioni alla proprietà privata per impedirne la vendita a scopo speculativo.
Non basta richiamarsi alla tutela del paesaggio e ambientale ai sensi dell’art. 9 della Costituzione. Occorre essere conseguenti.
Inoltre la riforma costituzionale del titolo V nel 2001 ha attribuito alla potestà legislativa concorrente la materia energetica, e per fortuna dico io, visti gli isterismi degli ultimi tempi.
E a poco serve sottolineare che oggi abbiamo un governo di destra. Le regole costituzionali si fanno quando il popolo è sobrio per valere quando è ebbro.
Ed ora è abbastanza ebbro.
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Redazione Scuola