Oggi, sentendosi chiamato in causa da un post su FB di Alessandra Todde, il proprietario del Gruppo editoriale interviene nuovamente di persona per difendere la linea seguita dai suoi organi di informazione.
È un fatto anomalo, ma è un’anomalia cui siamo abituati fin dalle origini del berlusconismo.
Comunque, sulla correttezza deontologica e professionale di questo fatto, lascio a chi si occupa del mondo dell’informazione ogni opportuna valutazione.
Meglio tutto sommato che sia chiaro chi parla e per conto di chi, specie se si tratta di interessi politici e imprenditoriali.
Che la campagna di Sergio Zuncheddu abbia a che fare in forma complessa con questi interessi era già chiaro dal suo precedente intervento-manifesto, sul quale ho già avuto modo di soffermarmi (https://www.facebook.com/share/p/ecixVQxef6fWBYAU/?mibextid=K35XfP).
Il fatto resta tuttavia che le contestazioni sono pretestuose e informano assai meno correttamente di quanto dovrebbero.
Nella foto della pagina odierna che pubblico ho evidenziato, cerchiandoli a penna, quattro punti critici.
1) Zuncheddu ricorda la nostra legge salvacoste del 2004, sulla cui matrice anch’io mi sono soffermato altre volte. Cita, un po’ cannando, un po’ voce straziata di immobiliarista dal sen fuggita, l’articolo 4, che riguardava il blocco delle lottizzazioni (gli brucia ancora, quella norma con cui “molti diritti soggettivi furono lesi e calpestati”), però la norma pertinente è in realtà il comma 3 dell’articolo 8, che recitava: “3. Fino all’approvazione del Piano Paesaggistico Regionale, nell’intero territorio regionale, e’ fatto divieto di realizzare impianti di produzione di energia da fonte eolica, salvo quelli precedentemente autorizzati, per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge i relativi lavori abbiano avuto inizio e realizzato una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi. Per gli impianti precedentemente autorizzati in difetto di valutazione di impatto ambientale, la realizzazione o la prosecuzione dei lavori, ancorche’ avviati alla data di entrata in vigore della
presente legge e che, comunque, non abbiano ancora realizzato una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi, e’ subordinata alla procedura di valutazione di impatto ambientale di cui all’Art. 31 della legge regionale n. 1 del 1999 e successive modifiche ed integrazioni.”. Io ricordo il motivo di quella disposizione (e della nostra precedente deliberazione dell’agosto 2004) e ricordo perfettamente che il Presidente della Giunta della precedente legislatura, On. Mauro Pili e gli orientamenti programmatici, pianificatori e amministrativi delle Giunte berlusconiane sarde di allora erano stati motivo di una situazione analoga a quella attuale (https://www.facebook.com/share/6N9fDLRLMQFZqtPV/?mibextid=WC7FNe).
2) Zuncheddu si chiede perchè la formula “mutamento consistente e irreversibile dello stato dei luoghi” non sia stata riprodotta nella recente legge regionale n. 5 approvata dal Consiglio nello scorso luglio. Io una risposta ce l’avrei. La Giunta e la maggioranza consigliare hanno condiviso una forte pressione esterna di tipo massimalista, utilizzando all’articolo 3 comma 1 una formula che è sembrata loro garantire il massimo della tutela: “per un periodo non superiore a diciotto mesi dall’entrata in vigore della presente legge, i seguenti ambiti territoriali sono sottoposti a misure di salvaguardia comportanti il divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili:…”. Certamente lo hanno fatto nella più completa inconsapevolezza della sua incongruità e questo spiega anche perché la Presidente più volte si sia improvvisata anche lei in affermazioni incongrue. La verità è probabilmente venuta fuori via via quando anche gli uffici debbono essersi accorti che per giurisprudenza costante i lavori autorizzati che abbiano già comportato una trasformazione irreversibile dello stato dei luoghi non possono essere più oggetto di sospensione nè di revoca delle autorizzazioni salvo che, emergendo un concreto e legittimo interesse pubblico prevalente, si debba inibire la prosecuzione dell’opera, ovviamente dietro congruo risarcimento da parte pubblica di tutti i conseguenti danni economici (danno emergente e lucro cessante). Ma se il concreto e preminente interesse pubblico legittimamente sopravvenuto non c’è, ogni atto inibitorio è persino penalmente rilevante. Fino a qualche settimana fa, almeno per abuso d’ufficio. Oggi sotto qualche altra residua fattispecie. Perchè? Perchè qui pesa come un macigno l’articolo 20 del dlgs 199/2021 con tutti i suoi annessi e connessi.
3. Zuncheddu evoca la possibilità con legge regionale di disporre in materia analogamente a come avrebbe di recente fatto lo Stato disponendo la “nullità di tutti i progetti già approvati e ricadenti nell’areale relativo all’Einstein Telescope”. Questa è una cazzata. La Regione non può fare quello che può fare solo il Parlamento. E anche il Parlamento solo a determinate condizioni.
4. Torna la solfa dell’applicazione della competenza regionale primaria in materia urbanistica di cui all’articolo 3, primo comma, lettera f), dello Statuto speciale. In termini giuridici questa argomentazione è i-n-e-s-i-s-t-e-n-t-e: caspita, sembra talvolta di parlare ai sordi. Ma il peggio è che stavolta la si invoca non per realizzare la previsione del dlgs n.199/2021, che rimette alle Regioni l’identificazione con legge delle aree idonee, bensì per tutelare le aree già dichiarate “non idonee secondo la mappa dettagliata in possesso della Regione pubblicata da questo giornale e che farebbe salvo il 98,8 per cento del territorio già oggetto di vincoli vari”. Ci vuole una certa faccia tosta, diciamocela tutta, a scrivere queste cose. Intanto la legge regionale, sia pure nella sua formulazione piuttosto pericolosamente estesa di cui abbiamo dato conto, sottopone alle misure provvisorie di salvaguardia un elenco di categorie di aree sicuramente tale da esaudire questa necessità. Ma il punto è che il dlgs n. 199/2021 chiede ben altro adempimento, ossia quello di individuare le aree idonee e che ogni tentativo di eludere quell’obbligo è già stato dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale.
Insomma, si ciurla strumentalmente nel manico per creare un polverone e continuare a confondere l’opinione pubblica.
E questa non è affatto informazione, qui sta il problema centrale.
Infine, io non sono un esperto di sociologia della comunicazione.
Istituzionalmente trovo deficitaria e difettosa quella della Presidente Todde, l’ho già scritto.
Ma se devo guardare al numero di likes sul profilo FB di Alessandra Todde e di Desirè Manca, ho l’impressione che in termini di consenso battano ampiamente un giornale che ogni giorno ricopre pagine d’inchiostro con un bel niente.
Tocca farsene una ragione.
Così vanno le cose, a prescindere”.
Lo scontro tra il Gruppo editoriale L’Unione Sarda e la Presidente della Regione sta assumendo caratteri grotteschi (di Tonino Dessì)
Oggi, sentendosi chiamato in causa da un post su FB di Alessandra Todde, il proprietario del Gruppo editoriale interviene nuovamente di persona per difendere la linea seguita dai suoi organi di informazione.
È un fatto anomalo, ma è un’anomalia cui siamo abituati fin dalle origini del berlusconismo.
Comunque, sulla correttezza deontologica e professionale di questo fatto, lascio a chi si occupa del mondo dell’informazione ogni opportuna valutazione.
Meglio tutto sommato che sia chiaro chi parla e per conto di chi, specie se si tratta di interessi politici e imprenditoriali.
Che la campagna di Sergio Zuncheddu abbia a che fare in forma complessa con questi interessi era già chiaro dal suo precedente intervento-manifesto, sul quale ho già avuto modo di soffermarmi (https://www.facebook.com/share/p/ecixVQxef6fWBYAU/?mibextid=K35XfP).
Il fatto resta tuttavia che le contestazioni sono pretestuose e informano assai meno correttamente di quanto dovrebbero.
Nella foto della pagina odierna che pubblico ho evidenziato, cerchiandoli a penna, quattro punti critici.
1) Zuncheddu ricorda la nostra legge salvacoste del 2004, sulla cui matrice anch’io mi sono soffermato altre volte. Cita, un po’ cannando, un po’ voce straziata di immobiliarista dal sen fuggita, l’articolo 4, che riguardava il blocco delle lottizzazioni (gli brucia ancora, quella norma con cui “molti diritti soggettivi furono lesi e calpestati”), però la norma pertinente è in realtà il comma 3 dell’articolo 8, che recitava: “3. Fino all’approvazione del Piano Paesaggistico Regionale, nell’intero territorio regionale, e’ fatto divieto di realizzare impianti di produzione di energia da fonte eolica, salvo quelli precedentemente autorizzati, per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge i relativi lavori abbiano avuto inizio e realizzato una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi. Per gli impianti precedentemente autorizzati in difetto di valutazione di impatto ambientale, la realizzazione o la prosecuzione dei lavori, ancorche’ avviati alla data di entrata in vigore della
presente legge e che, comunque, non abbiano ancora realizzato una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi, e’ subordinata alla procedura di valutazione di impatto ambientale di cui all’Art. 31 della legge regionale n. 1 del 1999 e successive modifiche ed integrazioni.”. Io ricordo il motivo di quella disposizione (e della nostra precedente deliberazione dell’agosto 2004) e ricordo perfettamente che il Presidente della Giunta della precedente legislatura, On. Mauro Pili e gli orientamenti programmatici, pianificatori e amministrativi delle Giunte berlusconiane sarde di allora erano stati motivo di una situazione analoga a quella attuale (https://www.facebook.com/share/6N9fDLRLMQFZqtPV/?mibextid=WC7FNe).
2) Zuncheddu si chiede perchè la formula “mutamento consistente e irreversibile dello stato dei luoghi” non sia stata riprodotta nella recente legge regionale n. 5 approvata dal Consiglio nello scorso luglio. Io una risposta ce l’avrei. La Giunta e la maggioranza consigliare hanno condiviso una forte pressione esterna di tipo massimalista, utilizzando all’articolo 3 comma 1 una formula che è sembrata loro garantire il massimo della tutela: “per un periodo non superiore a diciotto mesi dall’entrata in vigore della presente legge, i seguenti ambiti territoriali sono sottoposti a misure di salvaguardia comportanti il divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili:…”. Certamente lo hanno fatto nella più completa inconsapevolezza della sua incongruità e questo spiega anche perché la Presidente più volte si sia improvvisata anche lei in affermazioni incongrue. La verità è probabilmente venuta fuori via via quando anche gli uffici debbono essersi accorti che per giurisprudenza costante i lavori autorizzati che abbiano già comportato una trasformazione irreversibile dello stato dei luoghi non possono essere più oggetto di sospensione nè di revoca delle autorizzazioni salvo che, emergendo un concreto e legittimo interesse pubblico prevalente, si debba inibire la prosecuzione dell’opera, ovviamente dietro congruo risarcimento da parte pubblica di tutti i conseguenti danni economici (danno emergente e lucro cessante). Ma se il concreto e preminente interesse pubblico legittimamente sopravvenuto non c’è, ogni atto inibitorio è persino penalmente rilevante. Fino a qualche settimana fa, almeno per abuso d’ufficio. Oggi sotto qualche altra residua fattispecie. Perchè? Perchè qui pesa come un macigno l’articolo 20 del dlgs 199/2021 con tutti i suoi annessi e connessi.
3. Zuncheddu evoca la possibilità con legge regionale di disporre in materia analogamente a come avrebbe di recente fatto lo Stato disponendo la “nullità di tutti i progetti già approvati e ricadenti nell’areale relativo all’Einstein Telescope”. Questa è una cazzata. La Regione non può fare quello che può fare solo il Parlamento. E anche il Parlamento solo a determinate condizioni.
4. Torna la solfa dell’applicazione della competenza regionale primaria in materia urbanistica di cui all’articolo 3, primo comma, lettera f), dello Statuto speciale. In termini giuridici questa argomentazione è i-n-e-s-i-s-t-e-n-t-e: caspita, sembra talvolta di parlare ai sordi. Ma il peggio è che stavolta la si invoca non per realizzare la previsione del dlgs n.199/2021, che rimette alle Regioni l’identificazione con legge delle aree idonee, bensì per tutelare le aree già dichiarate “non idonee secondo la mappa dettagliata in possesso della Regione pubblicata da questo giornale e che farebbe salvo il 98,8 per cento del territorio già oggetto di vincoli vari”. Ci vuole una certa faccia tosta, diciamocela tutta, a scrivere queste cose. Intanto la legge regionale, sia pure nella sua formulazione piuttosto pericolosamente estesa di cui abbiamo dato conto, sottopone alle misure provvisorie di salvaguardia un elenco di categorie di aree sicuramente tale da esaudire questa necessità. Ma il punto è che il dlgs n. 199/2021 chiede ben altro adempimento, ossia quello di individuare le aree idonee e che ogni tentativo di eludere quell’obbligo è già stato dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale.
Insomma, si ciurla strumentalmente nel manico per creare un polverone e continuare a confondere l’opinione pubblica.
E questa non è affatto informazione, qui sta il problema centrale.
Infine, io non sono un esperto di sociologia della comunicazione.
Istituzionalmente trovo deficitaria e difettosa quella della Presidente Todde, l’ho già scritto.
Ma se devo guardare al numero di likes sul profilo FB di Alessandra Todde e di Desirè Manca, ho l’impressione che in termini di consenso battano ampiamente un giornale che ogni giorno ricopre pagine d’inchiostro con un bel niente.
Tocca farsene una ragione.
Così vanno le cose, a prescindere”.
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Redazione Scuola