Quella che stiamo per raccontare è la classica piccola storia, resa ignobile dal contesto che attanaglia l’Italia ai tempi del “soy una mujer, soy una madre, soy cristiana”.
Una storia piccola, si diceva: la storia di un attempato uomo di spettacolo che, dopo essersi proposto come capofila dello sgangherato movimento no-mask all’amatriciana nella sciagurata estate della pandemia, si è presentato alle prove di uno show televisivo indossando nientemeno che la maglietta della X-Mas, con tanto di teschio e motto in evidenza. Peccato che le prove siano state registrate e trasmesse in prima serata, alimentando la sacrosanta indignazione di quella fetta di pubblico che proprio non ne vuol sapere di assistere alla celebrazione di un manipolo di massacratori di partigiani. Altrettanto scontato l’epilogo di questa piccola storia: l’anziano show man viene allontanato dalla trasmissione, malgrado la scontata sequenza di richiami alla strumentalizzazione, tentativi di chiarimento e scuse tardive.
Tutto finito? Sì, se alcuni degli intellettuali di riferimento della nuova destra di governo -forti del plauso dei tanti oplites marcianti sui social al ritmo dell’hastag Dio-Patria-Famiglia (magari anche allargata) – non avessero deciso di trasformare questa piccola storia in una storia ignobile, tentando di “riabilitare” il lustro della Decima attraverso i riferimenti a D’Annunzio, alla Prima guerra mondiale e alla “beffa di Buccari”. Il tutto allo scopo di dimostrare come, anche dopo l’8 settembre, <<la Decima prestò servizio a Nord nella Repubblica Sociale con il principe Iunio Valerio Borghese, il Comandante, e a Sud nel regno d’Italia al fianco dell’esercito sabaudo. Ma restando in ambo i fronti dei soldati leali, al servizio della patria”.
Onore, dunque, al venerando uomo di teatro e alle icone della sua maglietta esibita in prima serata, l’uno e l’altra ingiustamente denigrati dall’intellghenzia de sinistra per il solo fatto di avere celebrato le gesta di un drappello di eroi. Memento audere semper: anche sulla televisione di Stato.
Il “Comandante” Borghese: dalla garrota franchista al Fronte Nazionale, passando per la RSI e per il Golpe dell’Immacolata; i “leali servitori della Patria”, e gli atti di rappresaglia su civili inermi a Forno e a Borgo Ticino; l’immagine di Ferruccio Nazionale, impiccato con al collo il cartello: “Aveva con le armi tentato di colpire la Decima”.
Davvero, è troppo.
E’ troppo, pretendere di imporre la narrazione volta ad esaltare, da Predappio ai busti di casa La Russa, i protagonisti di quella che (sotto ogni aspetto) rimane la pagina più nera del ‘900 italico; è troppo, pretendere che la piccola storia della maglietta teschiata non venga resa ignobile dal pericoloso combinato tra rimozione e esaltazione su cui si regge il mood della nuova destra di governo.
La rimozione, vecchia fiaba ispirata al tentativo mai riuscito di accordare agli assassini di Matteotti e ai “ragazzi di Salò” la stessa nobiltà riconosciuta alla memoria di Gramsci e Gobetti. L’esaltazione, ovvero la pericolosa ubris di quanti coltivano la convinzione secondo la quale una vittoria elettorale dovrebbe attribuire ai protagonisti della stessa non solo la normale legittimazione a cimentarsi nella sfida (ad alto tasso di fallibilità) del governo del Paese, ma anche l’idoneità a manipolare la memoria di quello stesso Paese, descrivendo un simbolo da ricordare con un misto di orrore e civilissima vergogna alla stregua di un vessillo da esibire con fierezza.
Rimozione ed esaltazione, per trasformare saluti romani e pellegrinaggi in camicia nera in (al massimo coloriti) atti di libera manifestazione del pensiero; rimozione ed esaltazione, per ravvisare nella gaffe dell’attempato show man un momento di celebrazione di ardenti imprese militari; rimozione ed esaltazione, per convertire, con un colpo di bacchetta tragica, in posticcio orgoglio il giustificato imbarazzo per le macchie di un passato che, fino a ieri, a destra si cercava di non rievocare.
Rimozione ed esaltazione: in definitiva, utili solo a rendere ignobile anche questa piccola storia.
Piccola storia ignobile (di Carlo Dore jr. da www.articolo1mdp.it)
Quella che stiamo per raccontare è la classica piccola storia, resa ignobile dal contesto che attanaglia l’Italia ai tempi del “soy una mujer, soy una madre, soy cristiana”.
Una storia piccola, si diceva: la storia di un attempato uomo di spettacolo che, dopo essersi proposto come capofila dello sgangherato movimento no-mask all’amatriciana nella sciagurata estate della pandemia, si è presentato alle prove di uno show televisivo indossando nientemeno che la maglietta della X-Mas, con tanto di teschio e motto in evidenza. Peccato che le prove siano state registrate e trasmesse in prima serata, alimentando la sacrosanta indignazione di quella fetta di pubblico che proprio non ne vuol sapere di assistere alla celebrazione di un manipolo di massacratori di partigiani. Altrettanto scontato l’epilogo di questa piccola storia: l’anziano show man viene allontanato dalla trasmissione, malgrado la scontata sequenza di richiami alla strumentalizzazione, tentativi di chiarimento e scuse tardive.
Tutto finito? Sì, se alcuni degli intellettuali di riferimento della nuova destra di governo -forti del plauso dei tanti oplites marcianti sui social al ritmo dell’hastag Dio-Patria-Famiglia (magari anche allargata) – non avessero deciso di trasformare questa piccola storia in una storia ignobile, tentando di “riabilitare” il lustro della Decima attraverso i riferimenti a D’Annunzio, alla Prima guerra mondiale e alla “beffa di Buccari”. Il tutto allo scopo di dimostrare come, anche dopo l’8 settembre, <<la Decima prestò servizio a Nord nella Repubblica Sociale con il principe Iunio Valerio Borghese, il Comandante, e a Sud nel regno d’Italia al fianco dell’esercito sabaudo. Ma restando in ambo i fronti dei soldati leali, al servizio della patria”.
Onore, dunque, al venerando uomo di teatro e alle icone della sua maglietta esibita in prima serata, l’uno e l’altra ingiustamente denigrati dall’intellghenzia de sinistra per il solo fatto di avere celebrato le gesta di un drappello di eroi. Memento audere semper: anche sulla televisione di Stato.
Il “Comandante” Borghese: dalla garrota franchista al Fronte Nazionale, passando per la RSI e per il Golpe dell’Immacolata; i “leali servitori della Patria”, e gli atti di rappresaglia su civili inermi a Forno e a Borgo Ticino; l’immagine di Ferruccio Nazionale, impiccato con al collo il cartello: “Aveva con le armi tentato di colpire la Decima”.
Davvero, è troppo.
E’ troppo, pretendere di imporre la narrazione volta ad esaltare, da Predappio ai busti di casa La Russa, i protagonisti di quella che (sotto ogni aspetto) rimane la pagina più nera del ‘900 italico; è troppo, pretendere che la piccola storia della maglietta teschiata non venga resa ignobile dal pericoloso combinato tra rimozione e esaltazione su cui si regge il mood della nuova destra di governo.
La rimozione, vecchia fiaba ispirata al tentativo mai riuscito di accordare agli assassini di Matteotti e ai “ragazzi di Salò” la stessa nobiltà riconosciuta alla memoria di Gramsci e Gobetti. L’esaltazione, ovvero la pericolosa ubris di quanti coltivano la convinzione secondo la quale una vittoria elettorale dovrebbe attribuire ai protagonisti della stessa non solo la normale legittimazione a cimentarsi nella sfida (ad alto tasso di fallibilità) del governo del Paese, ma anche l’idoneità a manipolare la memoria di quello stesso Paese, descrivendo un simbolo da ricordare con un misto di orrore e civilissima vergogna alla stregua di un vessillo da esibire con fierezza.
Rimozione ed esaltazione, per trasformare saluti romani e pellegrinaggi in camicia nera in (al massimo coloriti) atti di libera manifestazione del pensiero; rimozione ed esaltazione, per ravvisare nella gaffe dell’attempato show man un momento di celebrazione di ardenti imprese militari; rimozione ed esaltazione, per convertire, con un colpo di bacchetta tragica, in posticcio orgoglio il giustificato imbarazzo per le macchie di un passato che, fino a ieri, a destra si cercava di non rievocare.
Rimozione ed esaltazione: in definitiva, utili solo a rendere ignobile anche questa piccola storia.
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Redazione Scuola